Porta e Fonti di San Felice (1319)








Via San Felice collega l'asse viario principale della zona, Via S.Lino, con le fonti e la porta di San Felice, da cui prende il nome.
Come per le fonti di Docciola quelle di San Felice, fin dall'epoca romana, furono il centro della vita cittadina.
Le fonti, uno dei centri nevralgici della vita cittadina, che danno il nome alla strada ed al quartiere, erano così chiamate per l'esistenza nelle vicinanze di una chiesa intitolata a questo santo, da identificarsi non con l'oratorio che si trova a ridosso della porta, ma con un'altra oggi scomparsa. Il complesso murario rivolto verso la Val di Cecina, si apre con due porte, una Porta detta 'superiore' di San Felice, sotto la quale sul lato destro vi è un riquadro dove una volta era contenuta un'immagine della Vergine chiamata la 'Madonna dei Gabellieri'.
La famiglia dei Gabellieri prende il nome dall'attività di gabella solitamente praticata ad ogni ingresso entro le mura cittadine con la quale venivano tassati all'ingresso gli avventori ed i commercianti. Questa apertura fu costruita nel '500 per sostituire la porta detta 'inferiore', posizionata di fronte alle fonti omonime, che venne murata perché ritenuta scarsamente controllabile. Nel medioevo era infatti usanza chiudere le porte che data la posizione e la mancanza di un numero adeguato di guardie erano difficilmente controllabili. Pochi anni dopo venne murata anche questa porta, che fu riaperta solamente nel Settecento.
Fino al 1824, al di là delle mura, esisteva un ripiano che venne distrutto con la costruzione dell'attuale viale Trento e Trieste, questo ripiano era conosciuto con il nome di Piazza della Madonna di San Sebastiano o Piano della Madonna.
Su di esso sorgeva infatti una cappella nella quale era venerata l'immagine della Madonna di San Sebastiano, qui arrivata da Montecatini Val di Cecina. La chiesa franò nel 1783 ma l'immagine era già stata trasferita nella vicina chiesa di San Francesco dove si trova tuttora. Accanto alla porta possiamo però tuttora vedere la chiesetta di S.Felice che venne costruita nel 1701 con il contributo degli abitanti della zona, per essa Giuseppe Arrighi dipinse una tela con una 'Madonna con Bambino' ed un 'San Felice'. Sull'altare vi è un quadro raffigurante San Francesco di Paola, opera di Ippolito Cigna, e in un tabernacolo è racchiusa l'immagine della 'Madonna dei Gabellieri'. Di fronte all'oratorio inizia la ripida stradina trasversale che conduce alle Fonti di S. Felice.
Scendendo l'ampio dislivello esistente tra la porta 'superiore' e quella 'inferiore' ci ritroviamo innanzi alle fonti di San Felice, si tratta di una fontana monumentale costituita da un bacino protetto tramite una copertura sorretta da due archi in pietra, le pareti laterali e di fondo sono in muratura con paramento a blocchi.
La fonte è alimentata da un'unica bocca, posta nel centro della parte di fondo, a cui fanno però capo più condotti. Secondo Costantino Caciagli, che ha collaborato ai lavori di scavo e di recupero del complesso, uno dei condotti di alimentazione della fonte medievale è stato scavato in epoca estrusca, mentre un altro si collega con un condotto di epoca romana. Nella facciata esterna della fonte, sopra il pilastro centrale è conservata un'epigrafe che attesta la costruzione del porticato attuale; in base a questa i lavori sono stati compiuti nel 1319 da Chelino Ducci Tancredi per ordine dei 'balitori' della contrada di S.Stefano.

(ANNO) D(OMINI) MCCCXVIIII
M(AGNIFICI) D(OMI)NI XII
(DE)FE(NSORE)S P(O)P(ULI)
VU(LTERRANI) P(RE)C(E)P(ERUNT)
CHELI(N)O DUCCI, GUAR(DUC)CIO
CHEC(H)I, S(E)R FED(ERIGO) PIGI,
NARDO CACAR(I)E, ()NI CHELIS
BALITOR(IBUS) C(ONTRA)TE BURGI
FOELICIS S(AN)C(T)I STEF(ANI),
Q(UOD) FACI(AN)T I(N)VENIRI VENAS
ACQUAS S(ANCTI) F(EO)LIC(I)S ET
P(ER)Q(UI)RE(N)DO
D(E) IP(S)IS VE(N)IS INVE(N)T(US)
FUIT I(N)
HO(N)C LOCO VIV(US) FO(N)S
SARACINOR(UM)
ISTE FO(N)S ET AQUA. CHE
LIN(O) DUCCI TANCREDI
SOP(RA)STA(N)TE

Al di sopra dell'epigrafe sono murate sei palle di pietra che dovrebbero fare riferimento allo stemma della famiglia Medici, non sappiamo quando furono collocate in quel punto, sicuramente in occasione di qualche lavoro effettuato alla fonte, ma è difficile dare una data precisa, probabilmente durante la dominazione fiorentina a partire dal 1472 che come ricordiamo lasciò pesanti impronte su tutta la città.
Sulla scarpata di fronte alla fontana è possibile vedere i resti di opere idrauliche romane che costituivano la prima parte della conduttura di alimentazione di un impianto termale costruito poco al di là delle mura rinvenuto negli ultimi anni. A ridosso delle mura medievali, proprio accanto alla porta, si conserva invece un tratto delle mura etrusche al cui interno è incluso un brevissimo tratto di conduttura fognaria.
La porta 'inferiore', che a lungo è stata ritenuta romana, fu costruita gli inizi del XIII secolo contemporaneamente alle mura di cinta nel punto in cui, probabilmente, esisteva una postierla etrusca; fu murata e sostituita da quella cosiddetta 'superiore' nel '500, è stata riaperta solo recentemente, in occasione dei restauri dell'intero complesso avvenuti nel 1979. L'area in cui è collocata la fonte medievale tra la porta 'superiore' e quella 'inferiore' costituisce una piccola valletta naturale aperta verso Sud e scavata dalle acque che defluivano dalla parte superiore della collina; in origine, appena al di là dello spartiacque settentrionale, si trovava un'altra valletta aperta verso Nord e il canale naturale formato da queste due valli costituiva un facile percorso per valicare la collina in direzione Nord-Sud, quindi una facile via di accesso al colle volterrano. Poiché il sito era dotato anche di sorgenti naturali è logico dedurre che sia stato sede di uno dei primi insediamenti umani della collina; quest'ipotesi è stata confermata dal ritrovamento di alcuni fondi di capanne villanoviane avvenuto durante i lavori di ristrutturazione della fonte. Notiamo che per le fonti di San Felice come per quelle di Docciola, presso le quali sono stati rinvenuti oggetti di epoca etrusca, abbiamo testimonianze di un uso lontano del tempo; è pressoché certo che a Volterra, come in altre città, la vita sorse e si sviluppò attorno le fonti e tali sarà per i secoli successivi.
Nel 1238-41 poi fu costruito un lavatoio nel punto dove si trova la fonte attuale, l'acqua proveniva da una deviazione ricavata dalla conduttura romana ancora funzionante, che però venne ostruita pochi anni dopo dall'accumulo di calcare depositario al suo interno. Altre riparazioni non meglio specificate sono ricordate negli statuti comunali del 1251, 1252, 1255, 1258.
In seguito questa fonte si disperse e una parte dell'acqua fu condotta, tramite una tubatura al di fuori delle mura, dove fu costruita una nuova vasca. Nel 1295 un documento ci informa che la fonte interna non era utilizzata, è citato infatti il toponimo 'in loco S.Felicis ubi dictu fuisse fons'. Questa affermazione ci potrebbe far ipotizzare che la struttura del lavatoio all'interno delle mura non fosse in pietra, ma in legno, e che prima del 1295 fu distrutta. Altri lavori alla fonte esterna furono pagati dal comune nel 1305. Nel 1319 fu costruita la struttura ancora oggi visibile. Nel 1318 fu ordinato da parte del Consiglio che la fonte, che allora si trovava fuori delle mura presso San Felice, fosse ricondotta all'interno; la frase esatta dice che doveva essere ritrovata e ricostruita in modo che l'acqua vi abbondasse e che vi si costruisse un abbeveratoio, ma con la facoltà di realizzarlo sia dentro la mura che fuori.
Le spese necessarie per la realizzazione delle opere furono stanziate il 13 Maggio del 1319: si tratta di cinquanta lire, cifra stabilita dopo la supervisione del progetto fatta dal bistarius Butus Michelis Falippe.
Sempre in questa data fu decretato che a sovrintendere ai lavori fosse Neri Rustichini. Le strutture edilizie dovevano venire realizzate dagli abitanti delle contrade di Borgo, di Fornelli e S.Stefano residenti dentro le mura, sotto il controllo degli ufficiali del 'danno dato' e del 'vessillifero dei seicento', a spese del comune volterrano.
L'acqua destinata ad alimentarla proveniva dalla deviazione nella conduttura romana che aveva alimentato il lavatoio del secolo precedente; opportunamente ripulita, essa arrivava dal fianco destro, dove ancora oggi c'è uno sportello, e forse è proprio a questa conduttura che si riferisce l'epigrafe posta sulla fonte con la frase: 'inventus fuit in hoc loco vivus fons saracinorum', sappiamo infatti che nel medioevo con il termine 'saracino' o 'dei saracini' erano solitamente chiamati i resti di edifici e di sepolcri antichi o di cui non era possibile definire la data di costruzione. Il termine era usato per indicare ogni cosa insolita con la quale si poteva avere a che fare.
In un secondo tempo l'afflusso di acqua cessò, probabilmente perché la conduttura antica si era nuovamente ostruita oppure perché, a causa dell'eccessiva urbanizzazione dell'area, la pioggia aveva trovato altre vie per cui filtrare nel sottosuolo. Fu così che nel 1320, il 9 Aprile, fu mandato a Massa Marittima un incaricato per cercare un guerco di Montieri che ritrovasse la vena, costui scavò un tunnel di captazione in direzione Est-Ovest, andando a prendere l'acqua che proveniva dal lato Ovest della valle.
L'abbeveratoio previsto nel 1320 non era stato ancora costruito nel 1335 quando fu necessario un nuovo intervento dell'autorità cittadina per imporne la realizzazione.
Nel 1335 venne migliorata la viabilità con la costruzione di una nuova strada che conducesse dalla contrada di Borgo fino alla fonte, questa via non era altro che l'attuale Via San Felice. Il nuovo tracciato viario, che arrivava fino alle case di proprietà dell'abbazia di S.Giusto poste sulla via chiamata il Corso, doveva essere costruito recta corda cioè in maniera ortogonale e più breve possibile. In base agli ordini del consiglio questa via doveva ricalcare il percorso del 'bottino' di Borgo, che attraversava le mura presso la porta San Felice.
In un altro capitolo degli statuti del 1335 si ordinò che le varie vene che rifornivano di acqua la fonte fossero convogliate in un unico canale. Nel 1359 fu invece ordinato di costruire de novo un abbeveratoio presso la fonte; probabilmente si tratta dell'abbeveratoio posto all'interno delle mura e che finirà per sostituire quello esterno. Dopo di allora scarseggiano le notizie sui lavori compiuti a quest' opera idrica, sappiamo che vi si intervenne ripetutamente per ripulire le condutture, ma non vi sono notizie su lavori più complessi. Nel Settecento l'acqua fu analizzata e venne ritenuta adatta anche alle cure termali; per questo motivo fu costruito un piccolo edificio al di fuori delle mura dove potessero essere comodamente praticati i bagni curativi.