Palazzo dei Priori (1208)
Il Palazzo dei Priori rappresenta senza dubbio il principale monumento architettonico del centro storico di Volterra, è l'alternativa logica dell'impianto monumentale ecclesiastico presente nella piazza di San Giovanni.
Nato con il nome di Palazzo del Popolo, era destinato ad essere la residenza dei massimi magistrati cittadini. In origine erano chiamati Difensori del Popolo ed erano dodici, in seguito si ridussero a nove; con il nome di Anziani venivano eletti in ventiquattro durante il periodo di dominio ghibellino a Volterra, intorno alla metà del XIII secolo; con la restaurazione guelfa si ridussero nuovamente a dodici chiamati questa volta Priori. I priori dovevano dimorare nel palazzo per tutto il tempo in cui erano stati eletti, potevano allontanarsi da esso solo in casi eccezionali e vivevano secondo precetti molto rigorosi elencati dagli statuti cittadini. Avevano a disposizione come servitù quattro donzelli, un cuoco, uno sguattero e dieci famigli.
Dal 1472 fu la sede del capitano del popolo fiorentino che governava la città. Il palazzo fu restituito ai volterrani il 5 ottobre 1513 e nel 1789 vi furono trasportati il museo e la biblioteca Guarnacci che vi rimasero fino al 1876; dal 1883 è sede anche di alcuni uffici comunali.
Iniziato nel 1208 dall'architetto Riccardo da Como, fu terminato nel 1257; l' edifico è diviso in tre piani al di sopra dei quali svetta un'alta torre. Sulla facciata si poteva vedere una loggia aperta cui si accedeva tramite sette scalini e di cui si vedevano ancora le arcate, due delle quali trasformate in finestre e l'accesso avveniva tramite l'arcata centrale ma oggi, per le trasformazioni successive, tutto ciò è andato perduto. Questa struttura, protetta da una ringhiera, costituiva il cosiddetto arengario o arengo da cui gli araldi del comune comunicavano alla popolazione i bandi emanati dalle autorità cittadine. La loggia era coperta da una struttura in legno sorretta da pilastri pure in legno e fu più volte danneggiata; nel 1514 venne abbattuta trasformando l'ingresso nel modo che possiamo vedere oggi. Ai tempi, anche se solitamente non è ricordato, l'utilizzo di strutture lignee per soppalchi, coperture e balconi era molto utilizzato per l'economicità e la leggerezza del materiale.
A questo primo corpo di fabbrica venne poi aggiunta la cosiddetta casa posteriore, cioè l'ala che si affaccia su Via Turazza, la medesima su cui si affaccia l'unico lato visibile della Cattedrale di Santa Maria Assunta. Da un inventario del 1301 sappiamo che una parte delle stanze del pianterreno venivano affittate a privati che le usavano come negozi; ne conosciamo sei, una si apriva in Via Turazza, un'altra sulla Piazza e le altre nel chiasso che separava il palazzo dal Duomo. C'è difficile immaginare un utilizzo del genere, si è soliti considerare il palazzo comunale del medioevo come un semplice edificio quando in realtà, ospitando attività minori, consisteva nel centro stesso della vita commerciale della città.
La facciata si presenta con muratura a faccia vista costituita da blocchi di pietre a filaretto. Al pianterreno, oltre alle due finestre ed al portale, vi è un'altra piccola apertura quadrangolare. Un marcadavanzale in pietra sagomato segna la divisione fra i pianterreno ed il primo piano sul quale si aprono cinque grandi finestre con arco a sesto acuto, il cui interno è diviso in due parti da una bifora trilobata sorretta da tre colonnette con capitelli decorati con foglie d'acanto. Un altro marcadavanzale segna il passaggio fra il primo ed il secondo piano che ha solamente tre aperture simili a quelle del primo piano, ma con bifore coperte da un arco a sesto acuto; il terzo piano è identico al secondo, ma non vi è un marcadavanzale. All'altezza del terzo piano vi è il quadrante dell'orologio, mentre a tutti i piani si notano fori e mensole che dovevano servire per sostenere balconi in legno.
Il tetto a spiovente è coronato sulla facciata da una merlatura con merli a semicerchio, caratteristici del palazzo mentre il corpo principale è sovrastato da una torre, che è decorata sulla fronte dai tre stemmi della Città, del Comune e del Popolo: la croce rossa in campo bianco, il grifone rosso che sottomette il drago verde in campo bianco e lo scudo partito bianco e rosso. La torre è un'ardita costruzione a pianta quadrata terminante in quattro pilastri sostenenti la travatura a cui era sospeso il campanone del comune.
L'orologio che vediamo sotto la torre fu costruito nel XIV secolo, nel 1384 i priori decretarono che fosse realizzato un orologio nel palazzo, ma solo nel 1393 venne realizzato e collocato nella sede predestinata. L'artefice su Domenico di Pietro da Castiglione Aretino, abitante a Siena, che venne pagato con la notevole cifra di 135 fiorini d'oro. In base ad un altro decreto fu ordinato che fosse previsto, fra le persone pagate dal comune, un magister horislogii che si occupasse dell'orologio del palazzo.
Nel corso del tempo furono molti gli interventi avvenuti all'orologio: nel 1433 frate Giovanni e frate Francesco di Firenze dipinsero sul quadrante le ore e le varie fasi della luna, nel 1492 Iacopo di Sandro Botticella dipinse altre figure sulla sfera dell'orologio, che l'anno precedente era stato quasi completamente rifatto da Giovanni teutonico perché deterioratosi. Sempre nello stesso anno furono stanziati 70 fiorini per rifarne la campana. Il meccanismo antico è ovviamente stato sostituto più volte, ed il quadrante è stato ammodernato con l'avvento della divisione giornaliera in dodici ore; l'ultima volta che è stato cambiato tutto il meccanismo fu nel 1926.
Se pensiamo alla funzione dell'orologio in quanto tale nulla ci suggerisce la valenza simbolica, però il concetto di tempo, come tutti gli aspetti che in qualche modo regolamentano la società, era scandito dalle liturgie religiose. La realizzazione di un orologio comunale esprime l'acquisizione laica del tempo, del tutto alternativa all'influenza religiosa sulla città.
Nello spazio fra due delle finestre del pianterreno è stata ricavata un'incisione che rappresenta l'unità di misura lineare base usata dal comune di Volterra. Questa chiamata 'canna volterrana', differiva da quelle usate nelle città vicine e non esisteva un'unità di misura universale, pertanto era necessario controllare che i mercanti ambulanti utilizzassero, durante le compravendite, la misura standard stabilita dagli amministratori cittadini; le corde o i bastoni usati normalmente da questi ultimi per misurare venivano così confrontati e, se non corrispondevano alla canna volterrana, venivano multati. La canna volterrana misurava 2,52 cm ed era suddivisa in 4 braccia di 63 cm.
A loro volta divisi in 12 once corrispondenti a 5 centimetri ciascuna. Sappiamo che questa misura continuò ad essere utilizzata a lungo, probabilmente rimase in vigore fino all'adozione del metro lineare, avvenuta nel 1889. Al di sopra di quest' incisione vi sono tre portafiaccola con l'anello modellato a forma di mano e delle staffe appese al di sotto.
Come simbolo della sottomissione di Volterra alla signoria fiorentina, nel 1474 furono innalzati i due leoni che si trovano ai lati del palazzo. Queste immagini, soprannominate 'marzocchi', venivano collocate in ogni città che era sotto il controllo di Firenze. La volontà punitiva dei fiorentini espressa dai due marzocchi rappresenta oggi una delle più grandi attrattive della città e della Piazza dei Priori, come se, a distanza di secoli, il tempo avesse reso giustizia allo scempio subito dalla città.
Il portone di accesso poi, restaurato in occasione della visita di Papa Giovanni Paolo II nel 1989, è decorato con lo stemma di Volterra: un grifone rosso che sconfigge un drago verde, al di sopra vi è una pezza d'onore di Angiò. Non siamo in grado di dire esattamente quando siano state fatte le due porte in legno, ma l'ornato inciso nelle parti in ferro di chiusura dell'interno, ci può far supporre che sia stato realizzato nell'Ottocento, in un periodo in cui piaceva rifare gli edifici e gli ornamenti in stile medievaleggiante. Sulla facciata sono murate alcune iscrizioni. La prima, posizionata in alto a destra rispetto al portone centrale, è quella che celebra la costruzione del palazzo:
ANNI MILLENI CRISTI SIMUL
ATQ(UE) DUCENI
INDEQ(UE) TERDENI CURREBA(N)T
TERQ(UE) NOVENI
ISTA DOMUS QUA(N)DO
FELICIT(ER) OMI(N)E BLA(N)DO
OBTINUIT METAM DIVI(N)O
MU(N)ERE LETAM
RECTOR ERAT RURSUS VULT(ER)RE
T(UN)C BONACCU(RS)US
DE BELLINCONE CUM MULTA VIR
RATIONE
QUI P(RE)ERAT TURBIS
GRATISSIM(US) ISTI(US) URBI(S)
ET GENIT(US) CLARIS E(ST)
ARDUUS EX ADIMARIS
RICCARDU(US) HOC OPUS FIERI
FECIT TAM SAPEN(N)T(ER)
QUI CIVIS DICIT(UR) CHOME
LAUDABILIS TERRE
La data espressa è il 1257, anno della fine del cantiere edilizio, in quest'anno era podestà di Volterra Bonaccorso di Bellinzone degli Adimari. Il personaggio citato al penultimo rigo, Riccardo da Como, deve essere l'architetto che diresse i lavori di costruzione.
Un'altra lapide reca inciso un motto che compare anche negli statuti comunali, quando viene prescritto ai priori che dovevano rimanere dentro il palazzo per amministrare la cosa pubblica senza occuparsi di altri affari:
NISI DOMINUS CUSTODIERIT
CIVITATEM
FRUSTA VIGILAT QUI CUSTODIT
EAM
SIT SPLENDOR DOMINI SUPER NOS
L'ultima , collocata proprio sulla porta di ingresso, è quella che ricorda la visita compiuta a Volterra dal granduca Pietro Leopoldo di Toscana nel 1773.
La facciata è poi ornata dagli stemmi di alcuni dei capitani del popolo che governarono Volterra. La maggior parte di essi era in carica durante il periodo della dominazione fiorentina, quando i priori vennero aboliti e la signoria di Firenze mandava un proprio rappresentante; molte targhe sono realizzate in terracotta invetriata policroma, opera di artisti della famiglia dei Della Robbia.
Gli stemmi sono in tutto 21, in vari stati di conservazione, in molti è rimasta sia l'epigrafe che lo stemma, in altri solo l'epigrafe; in alcuni casi sono stati usati da più personaggi della stessa famiglia, segno che non furono collocati in questa posizione nell'anno in cui erano in carica, ma alcuni anni dopo.
1) stemma in terracotta invetriata di produzione robbiana: levriero bianco rampante volto a sinistra su fondo nero in uno scudo a testa di cavallo racchiuso da una corona di fiori e frutti. Sotto reca la scritta:
Simone di Bernarno di Simone del Nero Capitano e Commissario 1503
2) la lastra di pietra reca inciso uno stemma identico al precedente, che è racchiuso in uno scudo sorretto da un cane accovacciato ed elmato con un elmo sormontato da una testa di gallo. Al di sotto vi è la seguente iscrizione:
Bernardo del Nero MCCCCLXXVI
3) stemma in terracotta invetriata di produzione robbiana: un paio di forbici da tensore con in seconda uno scudo rotondo con croce rossa in campo bianco, il tutto in uno scudo di tipo sannitico racchiuso da una corona di fiori e frutti ornato da un nastro; sul bordo dello scudo teoria di 'A'. Sotto reca la scritta:
Messer Baldo di Simone della Tosa
Capitano MCCCLXXXX
Bernardo di messer Baldo della Tosa
Capitano MCCCCXXXV
Francesco di Bernardo di messer Baldo della Tosa Capitano e Commissario MDI
4) stemma in terracotta smaltata prodotta dai Della Robbia raffigurante tre ruote, due e una separate da una banda, al si sopra tre gigli, il tutto dentro uno scudo circondato da una ghirlanda. Al di sotto reca scritto:
Lutozzo di Pietro di Lutozzo Nasi
Capitano et Commissario 1404-1405
5) scudo racchiuso dentro una conchiglia, lo stemma rappresenta due leoni rampanti affrontati separati da due piume verdi. Al di sotto vi è la seguente scritta:
MATHES PALMERIO POST
RE _ LIBERE CIVITATE PRAETORI II
ET COMMISSARIO SALUTIS ANNO
MCCCCLXXIIII
6) scudo in terracotta smaltata di produzione robbiana con intorno una ghirlanda, all'interno due margherite separate da banda diagonale, sopra scritta LIBERTAS. Al di sotto un putto regge la seguente iscrizione:
Giovanni di Iachopo di Dino di messer Gucci Capitano e Commissario MDXII
7) stemma in terracotta smaltata, prodotto dai famosi ceramisti Della Robbia, raffigurante due stelle separate da due bande trasversali. La scritta sottostante è illeggibile si capisce solo il cognome, Bertini o Ubertini e l'anno, 1486 e 1487.
8) stemma in terracotta smaltata di produzione robbiana rappresentante due leoni rampanti al naturale affrontati che sorreggono una croce marrone su fondo bianco. Al di sotto vi è la scritta:
FRANCISCUS LAURENTII STUFAE
PRESES ET LEGATUS
DIGNISSIMUS 1464 ET 1478
9) stemma in terracotta robbiana: cervo bianco rampante a sinistra su sfondo azzurro. Al di sotto è murata la seguente iscrizione:
GIovabatis d'Antonio Corbinegli
Capitano anno 1490 E
Bernardo di Tomaso Ceco Capitano et Commissario 1471
10) lo stemma è illeggibile, ma si è conservata la scritta:
FRANCISCUS PIERI DE DINIS
CAPITANEUS MCCCCLXIII
ITERUM MCCCCLXXV
11) lastra di pietra che reca scolpito in bassorilievo lo stemma della famiglia Serristori, tre stelle separate da una banda e sormontate da una pezza d'onore con gigli. Lo stemma è racchiuso dentro uno scudo sormontato da un elmo piumato; al di sotto reca la seguente iscrizione:
IOHANNIS ANTONII DE
SERRISTORIS CAPITANEI ET
COMMISSARIUS
MCCCCLXXIVI ET LXXVII
12) stemma costituito da uno scuso attraversato da una fascia trasversale su cui sono scolpiti tre gigli:
Antonio di Leonardo di Nobi Capitano et Commissario MCCCCLXXVII
13) stemma della famiglia Vettori, di difficile lettura, si conserva bene la scritta:
Pietro Vectori MCCCCLXXVII
14) stemma in terracotta smaltata di produzione robbiana raffigurante un leone rosso rampante a sinistra su fondo bianco, al di sotto banda con la scritta:
Pietro di Nicolo d'Andrea del Benino
Capitano 1489-90
Pero di Ghirigoro del Benio 144
Francesco di Nicolò di Beno 145
15) lo stemma è illeggibile e dell'iscrizione si conserva solamente l'ultimo rigo che reca la seguente scritta:
E Tommaso suo fratello 1493 E 1494
16) stemma costituito da una croce, essendo in pietra non è possibile stabilirne i colori araldici. Al di sotto l'iscrizione:
Lorenzo di C. Popolareschi Capitano e Commissario MDXIII
17) scudo coperto da otto palle, al di sotto vi è la scritta:
CERODI RICCARDI DE
BORGOGNONIBUS CAPITANI ET
COMISSARI A.D MCCCCLXXIIII E
V
Altri tre stemmi sono completamente rovinati, non è possibile né riconoscere l'insegna, né leggere l'iscrizione. Inoltre sulla facciata vi sono tre epigrafi celebrative dei capitani e dei commissari, si queste solo due sono comprensibili, una è illeggibile.
Paulo Nicolai Cerretano Capitano e Commissario MIDD
Francesco di Giovanni Ariguci
Capitano e Commissario MDI
Oggi il pianterreno del palazzo dove anticamente si aprivano le botteghe dei commercianti, è occupato quasi interamente da un grande atrio, sulla cui parete di fondo si trova la scalinata semicircolare dopo la quale ci sono le rampe di accesso ai piani superiori, e, a destra, un ballatoio rialzato che conduce ad una piccola stanca chiamata 'saletta del giudice conciliatore'.
Sulla sinistra vi sono due porte, che conducono all'ufficio turistico ed una all'ufficio dell'anagrafe mentre sul fondo si trova una porta che conduce ad un cortile dove si trova l'apertura di una cisterna, il cortile è accessibile anche dall'esterno perché la cisterna che vi si trova era destinata ad approvvigionare d'acqua anche gli abitanti della zona.
In origine quest'ambiente era occupato da due sale e da una scala che immetteva ai piani superiori. La sala destra era detta del Capitano dei Famigli dei Priori, si poteva accedervi dall'esterno anche da un ingresso laterale, lo stesso che oggi dà accesso al cortile; di fronte a questa sala ve ne era un'altra, anch'essa con un ingresso laterale che si apriva nell'attuale Via Turazza. Sempre in questo piano si trovava una stanza dove erano custodite la cassa del Comune e libri e le pergamene dell'archivio; da questa stanza si accedeva anche ad un sotterraneo dove erano custodite le pergamene dell'archivio segreto.
L'atrio è adornato con 63 stemmi di capitani e commissari fiorentini, buona parte dei quali proviene dal Palazzo Pretorio da cui vennero tolti durante i lavori di ristrutturazione compiuti duranti gli anni '30 del '900. Vi sono pure sei lapidi celebrative di importanti momenti civili e politici di Volterra moderna. Quella più significativa è l'iscrizione che riporta i risultati ottenuti durante il suffragio per l'unità d' Italia del 1859. Accanto ve ne è un'altra che è stata dedicata al principe Pietro Minori Conti, fu posta il 15 settembre 1912, lo stesso giorno dell'inaugurazione della ferrovia la cui costruzione si dovette al lavoro solerte del principe. Altre due celebrano le visite a Volterra di re Vittorio Emanuele II il 1 Ottobre 1861 e di re Vittorio Emanuele III, il 3 Ottobre 1903.
Il primo piano era occupato dalla sala per le adunanze del consiglio, da un'altra più piccola per i magistrati e da alcune stanze per servizi.
Il secondo a cui si accedeva tramite una scala costruita nella sala più piccola del primo piano comprendeva la sala da pranzo, la cucina e le stanze di servizio. Il terzo piano era destinato alle camere da letto. La maggior parte di queste sale sono oggi occupate da uffici dell'amministrazione comunale.
Nell'anticamera dell'ufficio del sindaco, al primo piano, è custodita una 'Crocifissione' opera di Pier Francesco Fiorentino (Firenze, 1444 - 1497) e una 'Madonna con Bambino' di ignoto autore del XVI secolo. Nell'attuale ufficio del Sindaco è collocato un quadro raffigurante la 'Madonna col bambino e S.Giovannino' di Francesco Brini (XVI sec), non sappiamo da dove provenga, nel 1885 si trovava in San Giusto da dove fu trasferito nel 1934. Nel 1317, sul pianerottolo del primo piano fu dipinto un affresco raffigurante un Crocifisso e vari santi.
Nella sala del Maggior Consiglio, oggi utilizzata per le adunanze del Consiglio Comunale, un'intera parete è occupata dall'affresco dell' 'Annunciazione ed i santi Giusto, Ottaviano, Cosma e Damiano', dipinto nel 1383 per opera di Iacopo di Cione Orcagna. Tutta la stanza è stata completamente affrescata in stile neogotico nel secolo scorso, in mezzo ad una decorazione architettonica dipinta, sono inquadrati quelli che erano ritenuti gli stemmi delle famiglie nobili volterrane alternati allo stessa della città, la croce rossa in campo bianco.
Lo stesso stemma della città, insieme a quelli del comune e del popolo, è raffigurato sulla parete di fondo, al di sopra della porta che conduce nella saletta attigua; ai lati di questa porta sono pure rappresentati lo stemma della famiglia Medici (scudo con sei palle) e il Marzocco della signoria fiorentina, accanto a motti tratti dagli statuti comunali. Nel 1958 la stanza fu restaurata per rimediare ai danni causatigli dagli eventi bellici che coinvolsero Volterra nel 1944. Durante questi lavori vennero alla luce le tracce di un precedente affresco probabilmente del XIII secolo e un'iscrizione in parte leggibile: Diligite Iustitiam qui iudicatis terram. Un'altra parete è occupata dal quadro rappresentante le 'Nozze di Canaì di Donato Ma scagni, del XVI secolo. In questa sala, a partire dal 1383 veniva celebrata ogni 27 Settembre, la gesta in occasione della solennità dei santi Cosma e Damiano. La festa era in uso fin dal 1254, ma veniva ufficiata in Duomo; la celebrazione tornò nella cattedrale a partire dal 1563. Nella sala attigua vi è una scultura opera del contemporaneo Mino Trafeli rappresentante una 'Madre siciliana'.
Sappiamo di altre opere che vennero realizzare per questo palazzo, fra esse una 'Madonna col Bambino' opera di Lodovico fiorentino commissionata nel 1359 ed un altro Crocifisso con la Vergine e S.Giovanni. Nel 1319 i priori vollero che super schalas palatii popoli, fosse posta una statua di marmo rappresentante San Giusto, stabilirono inoltre che 'Il santo venisse raffigurato in modo che, se fosse occorso di esporre il vessillo della città, potesse essere posto in modo da sembrare che il santo lo tenesse stretto nella mano' ma non sappiamo se la scultura fu eseguita.
Descrivendo poi la piazza su cui si affaccia il Palazzo dei Priori di Volterra diciamo che anticamente era chiamata semplicemente Piazza (il toponimo Platea o Pratum è attestato fin dal IX secolo) oppure, dall'XI secolo, Piazza dell'Olmo, per la presenza di un olmo sotto al quale normalmente si riuniva il consiglio cittadino prima della costruzione del Palazzo dei Priori. In seguito fu chiamata anche Prato del Comune (fino XIII secolo), Piazza del Mercato (XIV secolo) e, più recentemente, Piazza Maggiore; le fu dato il nome attuale soltanto negli anni '30.
Sulla piazza si aprono cinque strade: lo Sdrucciolo di Piazza salendo da Via Ricciarelli ed immediatamente dopo l'incrociata dei Buomparenti, il Vicolo dell'Oro, Via dell'Ortaccio, Via delle Prigioni e Via dei Marchesi.
La piazza è oggi lastricata con bozze di arenaria; a centro una pietra che porta incisa la data 1848 indica il punto dove venne piantato l'albero della libertà dai volterrani che, in quell'anno, aderirono con entusiasmo ai moti risorgimentali.
Un diploma dell'imperatore Lodovico II autorizzava, nell'851, il vescovo a tenere una fiera in occasione della festività dell'Assunta, a metà agosto, si svolgeva su questo prato, su cui allora si affacciava il palazzo vescovile. Questa fiera continuò fino a pochi anni fa quando venne spostata alla seconda settimana di settembre. Fin dal 1343 la piazza ospita il mercato settimanale della città, infatti il 22 agosto di quell'anno il consiglio cittadino decise che il mercato doveva tenersi ogni sabato in questo luogo.
A contorno della piazza vi sono una serie di edifici medievali e di palazzi moderni che oggi sostituiscono le case-torri delle famiglie magnatizie volterrane che fino al XIII secolo circondavano il Pratum (se ne conoscono almeno dieci, ma ve ne dovevano essere molte altre di cui non rimane la memoria). Un disegno schizzato a penna del XV secolo, che è conservato nell'Archivio Comunale di Volterra, ritrae la piazza rappresentandola, con un pò di fantasia, come 'un'adunanza battagliera di torri'.