Fortezza Medicea (1190)








La fortezza è l'emblema di una dominazione, quella fiorentina, sui cittadini di Volterra. È il simbolo di una repressione e si erge arroccandosi sul punto più alto della città, da monito ai posteri, ma divenendo oggigiorno il simbolo stesso della città, col suo profilo austero visibile fin da lontano riscatta il triste destino di Volterra.
La sua storia come per ogni monumento si lega al destino della città, infatti tra la metà e la fine del XIII secolo, Volterra era andata assumendo l'assetto ed i caratteri d'insieme che la contraddistingueranno a lungo me che la resero preda delle mire di città vicine come Firenze, Pisa e Siena.
La ripartizione della città in settori giurisdizionali ed amministrativi, costituitisi dopo la costruzione della cinta muraria del 1266, continuò a rimanere valida per quasi tutto il Trecento: il corpo cittadino infatti era diviso in terzieri, a loro volta suddivisi in contrade e borghi. Il terziere superiore comprendeva le con strade cittadine di Porta a Selci, Piano di Castello e S.Agnolo, estendendosi anche fuori dalle mura fino a comprendere una serie di castelli.1

'Di eccezionale importanza, ai fini della lettura del Centro Storico e dell'intera Volterra, è il vasto sistema comprendente la Fortezza e il Piano di Castello che, da un punto di vista morfologico, si erge quasi separato e isolato nella grande area urbana in cui è ubicato, configurando il castello, anche altimetricamente, dominante sulla città' .2

La Fortezza è il risultato della conquista della città da parte di Lorenzo de' Medici nel 1472, il singolare binomio tra un complesso fortificato e la grande area aperta circostante che ne esalta l'arroccamento, si è andato costituendo nella parte più alta del colle, denominata Piano di Castello.3
Qui Lorenzo de' Medici, attorno alla sua Rocca e al Maschio costruito tra il 1472 e il 1475, volle edificare il simbolo del nuovo dominio fiorentino sulla città appena conquistata.
Successivi sono invece i corpi di collegamento che andarono a costituire un corpo unico con la Rocca vecchia che conclude il complesso all'estremo orientale verso la Porta a Selci. 'Nella più alta sommità del monte sul qualche sorge Volterra, in un connubio tra monumento medievale-rinascimentale e tracce di interesse archeologico, si snoda il largo ripiano denominato Castello, dall'antica Rocca ivi esistita da remotissimi tempi '.4
Le osservazioni topografiche, condotte dagli archeologi sull'intero fabbricato che costituiva l'antica città, i resti di mura trovati nei sotterranei della via che conduce a Porta all'Arco, e la situazione stessa del ripiano dove si sono trovate altre opere murarie etrusche come la famosissima piscina, hanno portato a credere che, fino dai tempi più remoti, su quel ripiano fosse esistita l'antica rocca volterrana (castrum) da cui poi ha tratto il nome di 'castello'.
Il luogo prescelto dai fiorentini doveva quindi già essere utilizzato in epoca etrusca sfruttandone l'indubbia posizione strategica, notiamo che per molti altri monumento volterrani, ad esempio le fonti, epoche storiche successive si susseguono ed accavallano. Le fortificazioni che costituiscono la rocca che sorge attualmente in Castello sono di più recenti costruzione e possono distinguersi in Cassero o Rocca Antica e Mastio o Rocca Nuova.
Fra gli storiografi volterrani, quelli che hanno parlato del Cassero, lo descrivono fabbricato per soddisfare Gualtieri Duca d'Atene che, nel 1342, era stato assunto alla signoria di Volterra. Gaspero Amidi, nella sua opera "Delle fortificazioni volterrane", fa risalire all'anno 1292 l'origine dell'antica rocca volterrana, riportando anche un documento a prova di quanto affermato. Ma il documento parla sì della costruzione di un Cassero ma non è certo quello di Volterra. A conferma di ciò basterebbe osservare che, stando ai dati del documento citato e alle misure dei due lati della torre, questa risulterebbe di forma rettangolare e non cilindrica, quale è appunto la forma della Femmina stessa.
Dopo il dominio del Duca di Atene, i Belforti si fecero nuovamente padroni di Volterra e, riconquistato il potere, si impossessarono delle fortificazioni della città, consistenti nel Cassero e nella torre sopra Porta a Selci. Dopo venti anni, il 10 Ottobre 1361, si riaccese l'odio cittadino e, decapitato Bocchino Belforti, fu cacciata in esilio anche l'intera famiglia.
Belforti Paolo detto Bocchino (?-1361) nato a Volterra da Ottaviano di Belforte Belforti, fin da giovane prese parte attiva alla politica ed alle lotte combattere dal padre contro la fazione avversa degli Allegretti partecipando anche al vittorioso assalto al castello vescovile di Berignone nel 1340. Succedendo al padre defunto (inizio 1349) negli stessi poteri di cui questi si era investito nel 1343 e ottenuti anche quelli spettanti al fratello ( che privò di capacità politiche si accontentò del ruolo di suo ministro), impose ben presto il suo pieno potere, quasi una tirannia, sulla città.
Al suo governo si opposero però i particolarismi di vari gruppi locali e la forza espansionistica di Firenze che il Belforti tentò di ostacolare internamente rinvigorendo in città l'ideologia ghibellina; inoltre, benché sposata la gentildonna fiorentina Bandecca de'Rossi (sorella di Pio de' Rossi che era stato podestà di Volterra nel 1341 e vedova di Adamo di Mone Tedicinghi), si appoggiò al comune di Pisa che in quel tempo era retto da una fazione di tendenze antifiorentine. Appena però tale fazione pisana fu sbaragliata dagli avversari, Bocchino, ormai spiazzato nelle alleanze, entrò immediatamente in urto col nuovo governo di Pisa per aver dato protezione ai fuoriusciti pisani. Il governo pisano, anzi, tentò addirittura un'azione militare contro Volterra che, sebbene respinta dal Belforti, suscitò localmente sommosse e congiure per rovesciarlo che furono da lui soppresse con violenza.
I disordini interni divennero allora talmente aspri che i comuni vicini, e cui Firenze, intervennero per imporre la pace tra le fazioni volterrane; tuttavia, poiché Bocchino non rispettò i patti imprigionando gli avversari, i Fiorentini intervennero con le armi inducendo così il tiranno volterrano a ricorrere all'aiuto dei pisani. Nella turbolenza di quei frangenti si diffuse allora la voce che Bocchino avesse trattato la vendita di Volterra ai pisani per 32.000 fiorini d'oro: immediata fu la reazione del popolo volterrano che, cacciata la guarnigione pisana assediò Bocchino nel suo palazzo per indurlo a rinunciare al potere. Bocchino comunque riuscì a stento a superare la crisi, ma il governo di Firenze era ormai deciso ad impadronirsi di Volterra tant' è che costrinse i volterrani a venire a patti e a far capitolare il tiranno. Bocchino fu pertanto catturato dai volterrani alla porta all'Arco il 5 Settembre 1361 mentre rientrava in città da una battuta di caccia e fu condotto a furia di popolo verso il Palazzo Pretorio. Qui imprigionato chiese ed ottenne di dettare le sue ultime volontà. Consegnato quindi ai fiorentini fu decapitato al grido di 'morte al tiranno!' il 10 ottobre 1361 nella Piazza dei Priori, dinanzi al Palazzo Pretorio, alla presenza di un'enorme folla. Dopo la sua morte il palazzo dei Belforti sulla piazza fu saccheggiato ed iniziarono subito le vendette verso gli altri componenti della famiglia che da allora in poi persero ogni autorità in Volterra.
Nel mentre la custodia del Cassero era passata ai Fiorentini che, dettati i regolamenti, stabilirono che il castellano non potesse essere volterrano, né dei luoghi limitrofi per almeno trenta miglia. Si stabilì poi che nel Cassero non vi fossero meno di 10 soldati e non più di 30, che il castellano stesse in carica solo sei mesi, che il Comune di Volterra provvedesse ad ogni riparazione al Cassero stesso ed a tutte le fortificazioni e che le chiavi della porta fossero tenute dal popolo volterrano.
Nel 1369 fu rinnovata la convenzione per il decennio 1371-1381, con l'aggiunta che i Fiorentini avrebbero potuto costruire un'antiporta, cioè una fortificazione davanti alla porta della Fortezza. L'antiporta riuniva in un centro solo le antiche fortificazioni che così si prestavano meglio per la loro sorveglianza e difesa.
I volterrani, per non ricadere nel dispotismo di un altro dei suoi cittadini e per conservare la libertà, stabilirono che il castellano della Fortezza dovesse essere nominato dai priori e gonfaloniere di giustizia della città di Firenze.
L'elezione del capitano fu assegnata ai fiorentini fino al 1365. Dopo una nuova e complicata disposizione, che sceglieva a sorte due tra i cento nominati e ritenuti idonei a ricoprire l'ufficio, si tornò alle vecchie norme. Così nel 1365 con una nuova disposizione la decisione della nomina del castellano venne riconsegnata ai fiorentini ed il nome di uno di questi custodi è ancora scolpito in una pietra murata dentro il portone che si apre nella Fortezza fuori delle mura a Selci, dove si legge:

' Scheramuccia da S.Croce I Capitano
1475 per insino al 1478 '

In questo modo fu assicurata ai fiorentini la custodia della Fortezza di Volterra, riconfermando la riforma statutaria del 1368. Iniziarono così dopo il 1371 i primi lavori di ampliamento di parte fiorentina alla Fortezza, consistenti nell'edificazione di un antiporto al Cassero, che unì le preesistenti strutture difensive in un unico insieme .'Planimetricamente questo antiporto era un quadrilatero che spingendosi verso nord-est, fasciando la torretta quadrata, correva adiacente alla Via di Porta a Selci per poi raccordarsi all'area dove sorge la torre semiellittica della Femmina e giungere perpendicolare alle mura duecenteschi'.5
La nuova legge, imposta dai Fiorentini a Volterra, non fece altro che minare alla base i rapporti tra le due città. Dopo l'emanazione della legge nel luglio del 1427, i volterrani inviarono a Firenze ambasciatori che però furono imprigionati. Uno di loro, Giusto di Antonio Ladini, una volta libero, tornò a Volterra e diventato l'animatore del partito contrario a Firenze, si pose alla testa della plebe e, sollevando la città contro Firenze, cacciò il capitano Lorenzo Amadori da Volterra e occupò la Fortezza e la Rocca di Monte Voltraio.
La sollevazione popolare però fu soffocata col tradimento e il Landini, andato su richiesta dei Priori all'udienza il 7 Novembre 1429, fu assalito, ferito e ancora vivo gettato dalla finestra della piazza.6 Assistiamo ancora una volta a situazioni in cui i volterrani si fecero primi antagonisti dei loro stessi fratelli.
Il popolo rimasto senza guida poi, subì nuovamente la signoria dei Fiorentini che, rioccupando il Cassero, Porta a Selci, il Vescovado, la Piazza e la Badia di S.Giusto, ritornarono padroni della città. Il 17 Novembre 1429 i gigliati decisero di rinforzare le fortificazioni della città etrusca, con l'edificazione di una costruzione a fianco del Cassero. La deliberazione fu attuata il 21 Dicembre 1429 con l'inizio dei lavori e la nuova fortificazione fu costruita nei pressi del Cassero, con l'aggiunta di quella parte che termina ad angolo acuto. La costruzione, denominata 'La Scarpa', certamente progettata a seguito dell'uso delle artiglierie, presenta proprio un angolo acuto nel solo punto in cui potrebbe essere colpita.
'Questa fortificazione fu terminata nel mese di luglio del 1432 e i volterrani ribelli alla patria, nonché omicidi e ladri furono dannati ad essere legati ad una giumenta, condotti per la città a pubblico ludibrio e quindi sospesi per il collo al solito luogo della giustizia'.7
I lavori di costruzione della Fortezza furono svolti dal 1472 al 1475 e, alla fine, il baluardo mediceo rappresentò per Volterra la garanzia ed il simbolo del proprio assoggettamento totale a Firenze. L'opera, secondo il Vasari, è da attribuirsi all'architetto militare fiorentino Francesco di Giovanni di Francesco detto 'Il Francione' (1428-1495) ed evidenzia l'intenzione del costruttore di voler comporre l'insieme con regolarità.8
Al centro del cortile l'alta torre cilindrica, detta 'Maschio', aveva accesso da un ponte levatoio, mentre oggi visi accede da una porta praticata al piano terra. In una efficace simbiosi tra Medioevo e Rinascimento, dalle finestre del suo ultimo piano, il quinto per l'esattezza, ad un'altitudine di ben 570 metri, si parte antica e quella costruita oltre un secolo dopo non esista alcuna differenza 'Nero e massiccio, tozzo nella sua sveltezza, il Mastio sorge isolato dentro la città dei massicci bastioni e, come una vedetta, domina il vasto orizzonte. Quest'opera di fortificazione, sorta per volontà dei Fiorentini era la guardia attenta e fiera della città e dell'esteso territorio'. 9
A sedici metri dal suolo la struttura presenta una porta d'accesso, già congiunta al bastione tramite un ponte levatoio. Il torrione ha il massimo diametro esterno di metri 11,40 e quello interno di metri 5,26. Stretti sono gli ambienti, specialmente quelli verso la base, dove a malapena entra una persona e dove la luce si intravede appena, attraverso una feritoia. 'Un brivido gela il cuore del visitatore che curvo, quasi tentoni, figge l'occhio nella caverna ed un desiderio di uscire, di lasciare quel luogo pauroso e triste, sorge vivo ed irresistibile'.
Fu dunque nel 1472 che l'antica Rocca si ampliò dei quattro bastioni fra i quali la superba torre del Mastio e di tutto il corredo delle fortificazioni che compongono la rocca attuale. A forma di cono troncato, la rocca, ad un certo punto d'elevazione, prende la figura cilindrica che mantiene fino alla sommità, coronata da una pergamena o galleria coperta.
Le basse e strette bolgie presenti nei sotterranei del Mastio accolsero tante vittime. Di alcuni si hanno notizie. Giovanni e Galeotto di Piero dei Pazzi, per quanto e sappiamo, furono i primi prigionieri del Mastio e vi furono rinchiusi a seguito della famosa congiura contro i Medici, del 1478.
Raffaele Girolamo, ultimo gonfaloniere di Firenze, dopo la conquista della sua città, vi rimase per qualche tempo, prima di essere inviato alla torre di Pisa dove fu trovato morto. E poi la lunga prigionia del matematico Lorenzo Lorenzini di Montecarlo, scolaro di Vincenzo Viviani e cortigiano del principe Ferdinando de Medici, rinchiusovi per ordine del Granduca Cosimo III dal 1682 al 1693 quando morì. Qui il filofoso si consolò con le sue speculazioni matematiche, componendo il suo 'Tratto geometrico', diviso in XII libri.
Appena entrati dalla porta praticata al piano terreno, si trovavano due celle a volte, lunghe appena due metri, larghe meno di uno. La cella a destra è ritenuta la prigione di Caterina, figlia di Curzio Picchena. Qui Caterina Picchena, unica donna rinchiusa nel Maschio e morta nel 1657, venne condotta per peccati di amore ai quali si unirono interessi patrimoniali di famiglia. E la prigione del Maschio ospitò anche il Conte Giuseppe Maria Felicini di Bologna, uno dei più famigerati banditi dell'Italia centrale che dopo 43 anni di prigionia trovò la morte.
Durante la dominazione fiorentina il Comune di Volterra vi manteneva a proprie spese dei soldati di ventura, procurando le artiglierie e le munizioni. Sotto il governo del Granduca Pietro Leopoldo i soldati raggiunsero le quaranta unità, con l'aggiunta di un capitano, tre sergenti e quattro caporali. Un cappellano regolare poi obbligato alla residenza nel forte e dipendete dal priore pro tempore di S.Pietro che vi aveva giurisdizione parrocchiale, pensava alla cura spirituale. Insieme a questi militi erano ritenuti nella Fortezza alcuni dei condannati alla pena di confine dentro la città di Volterra.
La legge del 22 Giugno 1816 abolì questa pena e istituì nella Fortezza la Casa dei lavori forzati. Nel 1838 fu la volta della Casa di detenzione e con essa le prime celle nel recinto del Mastio. Vi furono molti miglioramenti civili e morali, come l'introduzione, nel 1846, della presenza di un parroco e di due cappellani destinati al servizio spirituale e la possibilità di visite da parte 'di uno scelto numero scelto numero di distinti cittadini che col titolo di visitatori officiosi le frequentassero per tenere coi detenuti morali ed istruttivi colloqui. Furono costruiti reclusori e laboratori comuni e lavorazioni di lanificio fornivano lavoro a molti individui. Fu poi assicurata una civile istruzione dei reclusi ed eletto un maestro di lettura, calligrafia, disegno lineare e principi di geometri pratica'. 10


Note bibliografiche



1. S.Silva, 'Argomenti di storia urbana:la città di Volterra dall'inizio del XIV secolo fino all'anno 1475', Tesi di Laurea, Università di Firenze a.a 1987/88 pp.8-9 torna al testo

2. S.Silva, 'Argomenti di storia urbana:la città di Volterra dall'inizio del XIV secolo fino all'anno 1475', Tesi di Laurea, Università di Firenze a.a 1987/88 pp.161-164 torna al testo

3. S.Silva, 'Argomenti di storia urbana:la città di Volterra dall'inizio del XIV secolo fino all'anno 1475', Tesi di Laurea, Università di Firenze a.a 1987/88 pp.161-164 torna al testo

4. A.Cinci, 'Storia di Volterra', pp.3-21 torna al testo

5. S.Silva, 'Argomenti di storia urbana:la città di Volterra dall'inizio del XIV secolo fino all'anno 1475', Tesi di Laurea, Università di Firenze a.a 1987/88 pp.161-164 torna al testo

6. E.Pertici, 'Volterra', pp 72-80 torna al testo

7. E.Pertici, 'Volterra', pp 72-80 torna al testo

8. E.Pertici, 'Volterra', pp 250-256 torna al testo

9. M.Battistini, 'Nel Maschio di Volterra', p.12 torna al testo

10. A.Cinci, 'Storia di VOlterra', p.12-13 torna al testo