Palazzo dei Priori (1208)
Descrizione artistica
Iniziato nel 1208 dall'architetto Riccardo da Como, fu terminato nel 1257; l' edifico è diviso in tre piani al di sopra dei quali svetta un'alta torre. Sulla facciata si poteva vedere una loggia aperta cui si accedeva tramite sette scalini e di cui si vedevano ancora le arcate, due delle quali trasformate in finestre e l'accesso avveniva tramite l'arcata centrale ma oggi, per le trasformazioni successive, tutto ciò è andato perduto. Questa struttura, protetta da una ringhiera, costituiva il cosiddetto arengario o arengo da cui gli araldi del comune comunicavano alla popolazione i bandi emanati dalle autorità cittadine. La loggia era coperta da una struttura in legno sorretta da pilastri pure in legno e fu più volte danneggiata; nel 1514 venne abbattuta trasformando l'ingresso nel modo che possiamo vedere oggi. Ai tempi, anche se solitamente non è ricordato, l'utilizzo di strutture lignee per soppalchi, coperture e balconi era molto utilizzato per l'economicità e la leggerezza del materiale.
A questo primo corpo di fabbrica venne poi aggiunta la cosiddetta casa posteriore, cioè l'ala che si affaccia su Via Turazza, la medesima su cui si affaccia l'unico lato visibile della Cattedrale di Santa Maria Assunta. Da un inventario del 1301 sappiamo che una parte delle stanze del pianterreno venivano affittate a privati che le usavano come negozi; ne conosciamo sei, una si apriva in Via Turazza, un'altra sulla Piazza e le altre nel chiasso che separava il palazzo dal Duomo. C'è difficile immaginare un utilizzo del genere, si è soliti considerare il palazzo comunale del medioevo come un semplice edificio quando in realtà, ospitando attività minori, consisteva nel centro stesso della vita commerciale della città.
La facciata si presenta con muratura a faccia vista costituita da blocchi di pietre a filaretto. Al pianterreno, oltre alle due finestre ed al portale, vi è un'altra piccola apertura quadrangolare. Un marcadavanzale in pietra sagomato segna la divisione fra i pianterreno ed il primo piano sul quale si aprono cinque grandi finestre con arco a sesto acuto, il cui interno è diviso in due parti da una bifora trilobata sorretta da tre colonnette con capitelli decorati con foglie d'acanto. Un altro marcadavanzale segna il passaggio fra il primo ed il secondo piano che ha solamente tre aperture simili a quelle del primo piano, ma con bifore coperte da un arco a sesto acuto; il terzo piano è identico al secondo, ma non vi è un marcadavanzale. All'altezza del terzo piano vi è il quadrante dell'orologio, mentre a tutti i piani si notano fori e mensole che dovevano servire per sostenere balconi in legno.
Il tetto a spiovente è coronato sulla facciata da una merlatura con merli a semicerchio, caratteristici del palazzo mentre il corpo principale è sovrastato da una torre, che è decorata sulla fronte dai tre stemmi della Città, del Comune e del Popolo: la croce rossa in campo bianco, il grifone rosso che sottomette il drago verde in campo bianco e lo scudo partito bianco e rosso. La torre è un'ardita costruzione a pianta quadrata terminante in quattro pilastri sostenenti la travatura a cui era sospeso il campanone del comune.
L'orologio che vediamo sotto la torre fu costruito nel XIV secolo, nel 1384 i priori decretarono che fosse realizzato un orologio nel palazzo, ma solo nel 1393 venne realizzato e collocato nella sede predestinata. L'artefice su Domenico di Pietro da Castiglione Aretino, abitante a Siena, che venne pagato con la notevole cifra di 135 fiorini d'oro. In base ad un altro decreto fu ordinato che fosse previsto, fra le persone pagate dal comune, un magister horislogii che si occupasse dell'orologio del palazzo.
Nel corso del tempo furono molti gli interventi avvenuti all'orologio: nel 1433 frate Giovanni e frate Francesco di Firenze dipinsero sul quadrante le ore e le varie fasi della luna, nel 1492 Iacopo di Sandro Botticella dipinse altre figure sulla sfera dell'orologio, che l'anno precedente era stato quasi completamente rifatto da Giovanni teutonico perché deterioratosi. Sempre nello stesso anno furono stanziati 70 fiorini per rifarne la campana. Il meccanismo antico è ovviamente stato sostituto più volte, ed il quadrante è stato ammodernato con l'avvento della divisione giornaliera in dodici ore; l'ultima volta che è stato cambiato tutto il meccanismo fu nel 1926.
Nello spazio fra due delle finestre del pianterreno è stata ricavata un'incisione che rappresenta l'unità di misura lineare base usata dal comune di Volterra. Questa chiamata 'canna volterrana', differiva da quelle usate nelle città vicine e non esisteva un'unità di misura universale, pertanto era necessario controllare che i mercanti ambulanti utilizzassero, durante le compravendite, la misura standard stabilita dagli amministratori cittadini; le corde o i bastoni usati normalmente da questi ultimi per misurare venivano così confrontati e, se non corrispondevano alla canna volterrana, venivano multati. La canna volterrana misurava 2,52 cm ed era suddivisa in 4 braccia di 63 cm.
A loro volta divisi in 12 once corrispondenti a 5 centimetri ciascuna. Sappiamo che questa misura continuò ad essere utilizzata a lungo, probabilmente rimase in vigore fino all'adozione del metro lineare, avvenuta nel 1889. Al di sopra di quest' incisione vi sono tre portafiaccola con l'anello modellato a forma di mano e delle staffe appese al di sotto.
Come simbolo della sottomissione di Volterra alla signoria fiorentina, nel 1474 furono innalzati i due leoni che si trovano ai lati del palazzo. Queste immagini, soprannominate 'marzocchi', venivano collocate in ogni città che era sotto il controllo di Firenze. La volontà punitiva dei fiorentini espressa dai due marzocchi rappresenta oggi una delle più grandi attrattive della città e della Piazza dei Priori, come se, a distanza di secoli, il tempo avesse reso giustizia allo scempio subito dalla città.
Il portone di accesso poi, restaurato in occasione della visita di Papa Giovanni Paolo II nel 1989, è decorato con lo stemma di Volterra: un grifone rosso che sconfigge un drago verde, al di sopra vi è una pezza d'onore di Angiò.
L'atrio è adornato con 63 stemmi di capitani e commissari fiorentini, buona parte dei quali proviene dal Palazzo Pretorio da cui vennero tolti durante i lavori di ristrutturazione compiuti duranti gli anni '30 del '900. Vi sono pure sei lapidi celebrative di importanti momenti civili e politici di Volterra moderna. Quella più significativa è l'iscrizione che riporta i risultati ottenuti durante il suffragio per l'unità d' Italia del 1859. Accanto ve ne è un'altra che è stata dedicata al principe Pietro Minori Conti, fu posta il 15 settembre 1912, lo stesso giorno dell'inaugurazione della ferrovia la cui costruzione si dovette al lavoro solerte del principe. Altre due celebrano le visite a Volterra di re Vittorio Emanuele II il 1 Ottobre 1861 e di re Vittorio Emanuele III, il 3 Ottobre 1903.
Il primo piano era occupato dalla sala per le adunanze del consiglio, da un'altra più piccola per i magistrati e da alcune stanze per servizi. Il secondo a cui si accedeva tramite una scala costruita nella sala più piccola del primo piano comprendeva la sala da pranzo, la cucina e le stanze di servizio. Il terzo piano era destinato alle camere da letto. La maggior parte di queste sale sono oggi occupate da uffici dell'amministrazione comunale.
Nell'anticamera dell'ufficio del sindaco, al primo piano, è custodita una 'Crocifissione' opera di Pier Francesco Fiorentino (Firenze, 1444 - 1497) e una 'Madonna con Bambino' di ignoto autore del XVI secolo. Nell'attuale ufficio del Sindaco è collocato un quadro raffigurante la 'Madonna col bambino e S.Giovannino' di Francesco Brini (XVI sec), non sappiamo da dove provenga, nel 1885 si trovava in San Giusto da dove fu trasferito nel 1934. Nel 1317, sul pianerottolo del primo piano fu dipinto un affresco raffigurante un Crocifisso e vari santi.
Nella sala del Maggior Consiglio, oggi utilizzata per le adunanze del Consiglio Comunale, un'intera parete è occupata dall'affresco dell' 'Annunciazione ed i santi Giusto, Ottaviano, Cosma e Damiano', dipinto nel 1383 per opera di Iacopo di Cione Orcagna. Tutta la stanza è stata completamente affrescata in stile neogotico nel secolo scorso, in mezzo ad una decorazione architettonica dipinta, sono inquadrati quelli che erano ritenuti gli stemmi delle famiglie nobili volterrane alternati allo stessa della città, la croce rossa in campo bianco.
Lo stesso stemma della città, insieme a quelli del comune e del popolo, è raffigurato sulla parete di fondo, al di sopra della porta che conduce nella saletta attigua; ai lati di questa porta sono pure rappresentati lo stemma della famiglia Medici (scudo con sei palle) e il Marzocco della signoria fiorentina, accanto a motti tratti dagli statuti comunali. Nel 1958 la stanza fu restaurata per rimediare ai danni causatigli dagli eventi bellici che coinvolsero Volterra nel 1944. Durante questi lavori vennero alla luce le tracce di un precedente affresco probabilmente del XIII secolo e un'iscrizione in parte leggibile: Diligite Iustitiam qui iudicatis terram. Un'altra parete è occupata dal quadro rappresentante le 'Nozze di Canaì di Donato Ma scagni, del XVI secolo. In questa sala, a partire dal 1383 veniva celebrata ogni 27 Settembre, la gesta in occasione della solennità dei santi Cosma e Damiano. La festa era in uso fin dal 1254, ma veniva ufficiata in Duomo; la celebrazione tornò nella cattedrale a partire dal 1563. Nella sala attigua vi è una scultura opera del contemporaneo Mino Trafeli rappresentante una 'Madre siciliana'.
Sappiamo di altre opere che vennero realizzare per questo palazzo, fra esse una 'Madonna col Bambino' opera di Lodovico fiorentino commissionata nel 1359 ed un altro Crocifisso con la Vergine e S.Giovanni. Nel 1319 i priori vollero che super schalas palatii popoli, fosse posta una statua di marmo rappresentante San Giusto, stabilirono inoltre che 'Il santo venisse raffigurato in modo che, se fosse occorso di esporre il vessillo della città, potesse essere posto in modo da sembrare che il santo lo tenesse stretto nella mano' ma non sappiamo se la scultura fu eseguita.