Torano

Il territorio ed i ritrovamenti
Una ricerca particolareggiata è stata effettuata nel paese di Torano che, sebbene abbia piccole dimensioni, è senz'altro il "castello" del marmo più importante per la qualità dei marmi del suo bacino tra cui il famoso Statuario estratto ancora oggi e conosciuto in tutto il mondo. Torano è situato a circa 160 metri s.l.m. su un terrazzo alluvionale formato dai due canali di Torano e di Curtana che un tempo erano fiumi. Non possiamo dire con certezza che l'abitato esistesse in epoca romana sebbene la terminazione in -ano del toponimo lo identificherebbe come tale; nel 1931 l'archeologa fiorentina Luisa Banti con sopralluoghi e rilevamenti effettuati nei bacini marmiferi, rilevava siti dell'industria marmifera lunense nella zona di Torano e, con la sua analisi, cercò di ricostruire le condizioni di vita di schiavi e liberti impiegati nelle cave, la loro organizzazione ed i metodi di lavoro (121) 121. Giannichedda Enrico e Lanza Rita (a cura di). 2003. Le ricerche archeologiche in provincia di Massa - Carrara Volume 2. Firenze, All'Insegna del Giglio Sas, p. 17 . La studiosa individuava in Torano un centro abitato dai marmorari che "formavano un piccolo mondo a parte, vicino al loro lavoro" (122) 122. Dolci, Enrico. 1985. Carrara, la città e il marmo. Sarzana, Zappa Editore, p. 37 . Non abbiamo però reperti archeologici dell'insediamento romano del paese, anche se nelle vicine cave del Polvaccio è stato ritrovato il già citato bassorilievo dedicato al dio Silvano, protettore dei cavatori, delle selve e dei boschi con un'iscrizione di "Hermes Vilicus" romano, cioè direttore o responsabile di cava (123) 123. Dolci, Enrico. 1993. Paesi del marmo. Genova, Tormenta industrie grafiche, pp. 51 - 53 . Nelle cave situate in Pescina e in Sponda, sono stati rinvenuti cippi sepolcrali con epigrafi databili al I secolo d.C. oggi conservati presso il Museo Civico del Marmo di Carrara. Questi ritrovamenti sono testimonianze dell'ampio uso in epoca romana del marmo lunense e dell'estrazione dalle cave.

L'attestazione della vicinanza nel Medioevo
Nel Regesto del Codice Pelavicino la prima attestazione è del novembre 1141 quando compare un Vitalis de Torano come testimone in una richiesta di terra alla chiesa lunense (124) 124. Lupo Gentile, Michele. 1912. Il Regesto del Codice Pelavicino. Roma, Tipografia Artigianelli S. Giuseppe, p. 336 (n. 350) . Non vi è accenno di lavorazione delle cave fin verso la metà dell'XI secolo poiché era uso recuperare materiali marmorei antichi nella città di Luni semi abbandonata (125) 125. Klapish - Zuber, Christiane. 1973. Les maitres du marbre (Carrare 1300 - 1600). Paris, Ecole Pratique des Hautes Etudes, op. cit., p. 74 . Probabilmente l'attività di escavazione nelle zone limitrofe al paese è avvenuta tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII documentata dagli atti dei notari genovesi ed ecclesiastici che danno notizie di un traffico di marmo verso Genova (126) 126. Klapish - Zuber, Christiane. 1973. Les maitres du marbre (Carrare 1300 - 1600). Paris, Ecole Pratique des Hautes Etudes, op. cit., p. 74 . Nel XIII secolo Torano diventò una delle più importanti "vicinanze" dei bacini marmiferi, vennero costruite le mura e un castello nella parte più alta; numerosi giovani forestieri di origine lombarda soggiornarono a Torano per estrarre e sbozzare blocchi (127) 127. Dolci, Enrico. 1993. Paesi del marmo. Genova, Tormenta industrie grafiche, p. 53 . Negli anni successivi continuò l'insediamento nella valle carrarese di scultori e imprenditori liguri e toscani per scavare e lavorare i marmi con un incremento nella costruzione di abitazioni non solo nel centro cittadino, ma anche nelle "vicinanze".

I Toranesi, gli specialisti del trasporto
Alcuni abitanti oltre che all'escavazione, si specializzarono anche nel difficile trasporto dei marmi a valle con carrette tirate ciascuna da un paio di buoi come indicato nel 1433 dal libro della dogana (128) 128. Klapish - Zuber, Christiane. 1973. Les maitres du marbre (Carrare 1300 - 1600). Paris, Ecole Pratique des Hautes Etudes, p. 145 . Nel 1491 Alberico I Cybo Malaspina stipulò un contratto con la corporazione, creata alla metà del secolo, dei magistri marmorum, che fissava le modalità di pagamento della dogana del marmo passata dal comune al marchese come diritto feudale ed egli ebbe la infelice idea di raddoppiarne il prezzo: il tasso della gabella dal 10% del prezzo di costo, salì al 21%. Questo aumento non fu gradito alle famiglie che detenevano l'escavazione del marmo: nel 1500 fu chiesto al re di Francia Luigi XII e nel 1519 agli eredi di Alberico, di riportare la tariffa al prezzo anteriore al 1491 (129) 129. Klapish - Zuber, Christiane. 1973. Les maitres du marbre (Carrare 1300 - 1600). Paris, Ecole Pratique des Hautes Etudes, pp. 215 - 216 . I cavatori di Torano, nel Rinascimento, fornivano marmi delle cave di Zampone e di Sponda a scultori importanti come Donatello; l'economia del borgo si sviluppò e alla fine del 1400, tredici "magistri marmorum" su cinquanta iscritti all'Ars Marmoris erano del paese (130) 130. Klapish - Zuber, Christiane. 1973. Les maitres du marbre (Carrare 1300 - 1600). Paris, Ecole Pratique des Hautes Etudes, p. 168 .

Michelangelo nelle cave del Polvaccio
A partire dal 1505 anche il grande Michelangelo, iniziò a venire a Carrara per trovare blocchi di marmo bianco Statuario delle cave del Polvaccio per commissioni di opere dategli dal papa Giulio II e da Leone X e venne parecchie volte fino al 1521 (131) 131. Pierotti, Pietro. 1995. La valle dei marmi. Pisa, Pacini Editore p. 24 . Da documenti di Michelangelo stesso si apprende che tra l'aprile del 1516 e il febbraio dell'anno successivo dovette rifornirsi di marmi per eseguire ben sei colonne e si serviva dai magistri toranesi molto esperti come Iacopo da Torano detto il Pollina, Giampagolo di Cagione da Torano, il Bello da Torano ed altri, che erano incaricati non solo di estrarre ma di sbozzare i blocchi (132) 132. Pierotti, Pietro. 1995. La valle dei marmi. Pisa, Pacini Editore p. 24 . I magistri si occupavano anche del trasporto, Michelangelo spesso ebbe contrasti con loro e decise di procurarsi il materiale nelle cave della vicina Pietrasanta, precisamente nella valle del Serra dove non era mai stato tolto marmo, servendosi di cavatori versiliesi e fiorentini. I Toranesi entrarono in conflitto con il grande Michelangelo per problemi di trasporto, poiché per caricare i blocchi dal punto di imbarco sulle navi, il lavoro era faticoso e spesso i magistri aumentavano il prezzo del marmo includendovi il molto tempo impiegato per caricare i pesanti blocchi; frequentemente vi erano ritardi nell'imbarco presso la Marina di Avenza e, se non venivano accontentati, non procedevano nelle operazioni di carico lasciando per mesi e mesi il materiale ordinato nelle cave del Polvaccio (133) 133. Pierotti, Pietro. 1995. La valle dei marmi. Pisa, Pacini Editore p. 24 . Quando videro che lo scultore acquistava materiale dai concorrenti delle cave situate nelle valli di Serra e Vezza, si addolcirono. Nel 1513 alla morte di Giulio II era subentrato papa Leone X Medici e voleva che i marmi per realizzare opere in San Pietro a Roma, Santa Maria del Fiore e San Lorenzo a Firenze provenissero dalla zona del capitanato di Pietrasanta confinante con il Granducato di Toscana e non da Carrara che era sotto il dominio dei Cybo Malaspina. Michelangelo però in seguito tornò ad acquistare marmi della valle di Torano per il monumento funebre di papa Giulio II della Rovere già ideato dal papa stesso mentre era ancora in vita e commissionatogli poi dagli eredi (134) 134. Pierotti, Pietro. 1995. La valle dei marmi. Pisa, Pacini Editore p. 26 .

L'economia della vicinanza
Visto che i "forestieri" si arricchivano sfruttando le cave di Carrara, con una istanza, nel 1519, gli abitanti di Carrara chiesero alla vedova di Alberico, Lucrezia e a sua figlia Ricciarda che i forestieri non potessero estrarre i marmi dai bacini; la richiesta fu accolta parzialmente, Lucrezia e Ricciarda stabilirono che la licenza all'estrazione doveva essere autorizzata da loro (135) 135. Klapish - Zuber, Christiane. 1973. Les maitres du marbre (Carrare 1300 - 1600). Paris, Ecole Pratique des Hautes Etudes, pp. 163 - 165 . Nel XV e XVI sec. il tenore di vita delle famiglie che escavavano marmo era alto, Torano era una delle "vicinanze" più ricche del territorio, vi era anche una produzione artigianale di articoli per arredo urbani interni ed esterni come "quadrelle" cioè mattonelle quadrate di marmo, colonnine per balaustre e mortai.

Tipologie di abitazione
In questo periodo vennero costruite abitazioni borghesi, ancora esistenti nel paese come possiamo vedere nella figura n. 28 che rappresenta un portale datato 1464 sorretto da stipiti costituiti da masselli di marmo bianco. Nell'architrave è scolpito lo stemma ecclesiastico della croce della Repubblica pisana; vi è poi una corona d'alloro centrale con fregi che partono da essa: sulla destra vi è lo stemma del Comune di Carrara con ruota a otto raggi.
Quando fu creato lo stemma, nel Medioevo, si pensava che il nome di Carrara volesse dire "luogo dei carri" in riferimento al trasporto dei blocchi di marmo; secondo il glottologo Gino Bottiglioni, invece, il toponimo invece deriverebbe dalla più antica radice indoeuropea "Kar (pietra)" da cui "Karara" che significa "luogo delle pietre" (136) 136. Dolci, Enrico. 1985. Carrara, la città e il marmo. Sarzana, Zappa Editore, p. 44 .
Un antico edificio del borgo è la casa - torre, nella figura n. 29 a quattro piani, con muri di sasso, chiamata dai Toranesi "il castello": è una tipica abitazione a sviluppo verticale con un ambiente a piano e veniva costruita in questo modo probabilmente per la ristrettezza di spazi del luogo e per mantenere più caldi gli ambienti in un territorio ai piedi dei monti con clima abbastanza freddo.
Un'altra tipologia di abitazione medio - borghese del 1500 tra le più antiche del paese è la casa a tre piani rappresentata nella figura n. 30. Ha muri fatti con sassi e ciotoli di marmo locale bianco e grigio raccolti nei torrenti o negli scarti di cave e decorati con conci, si nota il portale - finestra ad arco anch'esso in marmo bianco lavorato da scalpellini locali che erano numerosi nel paese.
Di solito nelle abitazioni vi alloggiavano il maestro, i suoi famigliari, gli apprendisti e gli operai che formavano una famiglia e spesso il piano terra era adibito a laboratorio. Come si può vedere nei "castelli" di marmo, il materiale estratto dalle vicine cave era usato anche all'interno per pavimentare le abitazioni e nella figura n. 31 è rappresentata una tipica pavimentazione con le "quadrelle" o "quadrette", mattonelle bianche che potevano avere diverse misure e forme anche curve; venivano staccate per mezzo di cunei da pezzi di marmo, spianate con lo scalpello e levigate per strofinamento a mano con acqua e sabbia. Di solito era un lavoro domestico dato dai commercianti alle famiglie o a lavoranti che non avevano un'occupazione fissa e pagato a poco prezzo (137) 137. Mannoni, Luciana e Tiziano. 1978. Il marmo materia e cultura. Genova, Sagep Editrice, p. 206 . Le abitazioni avevano anche aie nelle quali stavano gli animali domestici e piccoli giardini dove venivano coltivate piante aromatiche, verdure e fiori.
Figura 27. Cippo sepolcrale con epigrafe di Q. Nunnius Felicio (Museo Civico del Marmo di Carrara)


Figura 28. Cippo sepolcrale con epigrafe di Titia Successa (Museo Civico del Marmo di Carrara)


Figura 29. Antico portale marmoreo del 1464


Figura 30. Casa - torre a Torano con parziale veduta delle cave.


Figura 31. Veduta della casa cinquecentesca nel centro di Torano


Figura 32. Pavimento interno di marmo realizzato con le "quadrelle"


Figura 33. Piccolo giardino dell'abitazione delimitato da antichi muri

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