Il Carnevale di Viareggio nella penna di famosi scrittori
  Oltre che dai due noti scrittori viareggini Mario Tobino e Silvio Micheli, vincitori del prestigioso “Premio Letterario Viareggino”, che ne hanno cantato le origini, lo spirito informatore, la valenza umana, l’indubbio coinvolgente fascino, il nostro Carnevale è stato celebrato da altri grandi autori, come Curzio Malaparte; ma il più attento e puntuale cantore del nostro Carnevale è stato il romano conte Umberto Boni, più noto come Cravache (Frustino), arrivato a Viareggio nel 1919, un personaggio eccentrico, singolare.
  Arrestato e deportato dai tedeschi per aver osato proclamare pubblicamente davanti a loro che la barbarie non avrebbe mai potuto affossare la libertà, morì nel campo di sterminio di Mauthausen, nella sezione dove gli internati venivano usati come cavie di esperimenti scientifici.
Il fenomeno delle "Canzonette" a Viareggio
  Nell’era del computer, delle telecomunicazioni, del linguaggio globale, c’è un fenomeno molto radicato nella nostra zona, ma anche nel resto del Paese, che è quello del teatro dialettale, un teatro semplice, fatto di linguaggi senza fronzoli, ironico, graffiante.
  La festa della Canzonetta ha successo perché più o meno belle, ma sono sicuramente nostre, per cui noi ci ritroviamo in esse e in quel momento ci sentiamo parte di questa città e orgogliosi di appartenervi.
  Il padre della Canzonetta è sicuramente Egisto Malfatti, autore, cantante, attore, poeta. Raccontava la sua città con nostalgia, con amore, ne raccontava i vizi, le ingenuità, le bizzarrie, tutto ciò che era Viareggio in quel periodo a cavallo tra gli anni ’50, ’60 e ’70.
  Ora sarebbe improponibile quel modo di fare satira, però rimane il suo concetto di fondo, il suo spirito, come il campanilismo scherzoso, indirizzato contro i cugini lucchesi.
  Con orgoglio i nostri vecchi ci dicono che neanche il fascismo è riuscito a tappare la bocca a Burlamacco. Nelle Canzonette emerge lo spirito antico del Carnevale dove si poteva dire tutto del “signorotto” perché in quel periodo era concesso, mentre in altri non sarebbe stato possibile. Questa “irriverenza” è il successo degli spettacoli dialettali messi in scena nel periodo di Carnevale a Viareggio. Quindi ancora di più diciamo viva Burlamacco.
La Libecciata
  Porta il nome di un vento. E come un vento si abbatté sulle strade di Viareggio sconquassandole con un fragore di allegria, ritmo e musica; la Libecciata è stata per il Carnevale di Viareggio un’icona, un simbolo per quarant’anni. Oggi quel complesso bandistico torna a vivere.
  L’entusiasmo, la voglia di fare, il sogno di regalare a Viareggio un complesso bandistico, come si confaceva ad un Carnevale che stava crescendo ancora, e che proprio nel 1954 divenne il banco di prova di una diretta tv in esterna della neonata Rai, furono gli ingredienti di un successo lungo e insuperabile.
  Il complesso strappò subito applausi e lacrime d’emozione ai viareggini: vedere quei 120 elementi perfettamente schierati e tirati a lucido, con le divise che racchiudevano i simboli cittadini, fu la sorpresa più grande per tutti.
  Sul proscenio i suonatori, dietro i rumoristi, tutti su cinque file, ognuna aperta da un tamburo maggiore. Biondissima e bellissima la mazziera storica della Libecciata, Maria Grazia Billi.
  L’ultima apparizione della Libecciata fu nel 1981 e niente riuscì a risollevarla; allora fu tentata un’altra strada, dare vita ad una nuova banda con un altro nome: nel 1989 debuttò così Maschereide, che però durò solo cinque anni e poi fu abbandonata.
Realizzato da Elena Ulivieri