Questo piano del Palazzo Pretorio ha ospitato le prigioni dalla fine del XIV sec. fino ai primi anni del 1900.
Grazie ad un inventario del 1590 sappiamo che a quella data nel piano interrato del palazzo c'era una loggia
aperta verso l'Arringo, una stalla, la cantina e le celle.
Queste ultime erano divise in prigioni della vita (o pubbliche) e segrete, mentre nell'800
si dividevano in carceri di custodia e di pena: qui venivano rinchiusi i sospettati in attesa del processo
e i condannati a pene detentive. Questi ultimi, però, non scontavano la pena nel carcere ma venivano
mandati in altre prigioni dello Stato fiorentino o destinati ai lavori forzati a terra o sulle galee.
Particolare dei prezzi che il detenuto doveva pagare per
mantenersi
Questo carcere rimase attivo fino al 1920-1930, come testimoniano i documenti e alcune scritte, frasi e disegni
sul muro all'interno delle celle realizzati dagli ultimi reclusi del carcere; altre scritte furono realizzate
in un periodo successivo alla chiusura.
La detenzione doveva essere dura, aggravata dal poco spazio a disposizione e dall'umidità.
Stando a quanto riportato da alcuni documenti d'archivio durante il XIV sec. i prigionieri avevano l'obbligo
di pagare o lavorare per il loro sostentamento.
Per esempio i detenuti, secondo lo Statuto di Lucca del 1331, al momento del loro ingresso nel carcere,
dovevano pagare una tassa per l'opera dei custodi.
Il carcere era dotato anche di un cortile dove i prigionieri potevano passeggiare per circa 15 minuti al giorno.
Nel carcere venivano rinchiusi i condannati a pene lievi (ad es. per furto) mentre i condannati alla pena
capitale venivano impiccati sull'Arringo.
E' bene ricordare che il Granducato di Toscana è stato il primo stato al mondo ad abolire la pena di morte (30 novembre 1786)
con l'emanazione del nuovo codice penale toscano (Riforma criminale toscana
o Leopoldina) firmato dal granduca Pietro Leopoldo;
tale giornata è festa regionale in Toscana. Con l'abolizione della pena di morte aveva anche termine l'uso
della tortura e della mutilazione delle membra.
Accesso alle tre cellette da cui i
detenuti assistevano alla messa
Tra il XIII e XIV sec. i liberi Comuni, quindi anche Barga, cominciarono ad elaborare gli statuti dedicando un libro apposito alle materie criminali. Erano regole dettate dalle consuetudini cittadine che dovevano disciplinare la vita della comunità e sedare i conflitti nati a seguito delle profonde trasformazioni economiche e sociali.
I reati più gravi erano nello Statuto del 1360 l'omicidio, il furto dello Statuto o dei Libri del Comune e la
rottura o lo scardinamento delle porte del Castrum di Barga: per questi reati era prevista la pena di morte
per impiccagione.
Per la maggior parte dei reati si prevedeva una pena pecuniaria più o meno grave a seconda dell'età del reo e
della gravità del reato.
Nello Statuto del 1414 prevalgono ancora le pene pecuniarie. Furto, omicidio e sodomia erano ancora
considerati tra i reati più gravi.