Gogna
Pendolo
Questa stanza è l'antica cucina del carcere, ridotta a carcere di pena nel 1845.
In quell'occasione fu demolito il focolare, le tracce della cappa fumaria sono state rinvenute negli
ultimi restauri e poi coperte in restauri successivi.
Oggi ospita la stanza delle torture.
Da alcuni documenti relativi ai processi che si svolsero nel Palazzo Pretorio è emerso che durante il
XVI sec. nel Palazzo erano utilizzate macchine di tortura.
In questa sala si trova anche il tavolo dei magistrati che assistevano alle pratiche di tortura per ricavare
le eventuali confessioni.
Bisogna sottolineare che questi strumenti di tortura originariamente non si trovavano
nelle carceri, ma nella Sala del Consiglio.
In questa cella si possono osservare delle ricostruzioni di alcuni strumenti di tortura:
- il pendolo o corda: le braccia venivano legate dietro la schiena ed una corda appesa al soffitto con un semplice gancio alla legatura delle mani consentiva il sollevamento della vittima all'altezza desiderata. La posizione della braccia è tale che il corpo appeso non consente la rottura delle ossa, ma solo uno stiramento dei muscoli e dei tendini che diviene così progressivo: per questa ragione questa tortura aveva generalmente una durata non superiore ad un'ora. In questa posizione la vittima veniva interrogata.
- la gogna: la vittima, con i polsi immobilizzati in questo giogo, od anche con i polsi e
la testa bloccati, poteva esser lasciata libera di camminare oppure i suoi movimenti erano limitati alla
lunghezza della catena con la quale questo strumento veniva legato ad un anello infisso al muro.
Oltre alla sofferenza per l'immobilità, quando questa riguardava anche i piedi, si esponeva la vittima
all'ingiuria, allo scherno ma anche alla violenza fisica dei passanti.