La Flagellazione di Cristo è un dipinto, tempera su tavola (58,4x81,5 cm) di Piero della Francesca, di datazione incerta (oscillante tra il 1444 e il 1470) e conservata nella Galleria Nazionale delle Marche di Urbino.Il piccolo dipinto, uno dei più emblematici di Piero della Francesca e del Rinascimento italiano in generale, venne ritrovato nel 1839 nella sagrestia del Duomo di Urbino. A effettuare la scoperta fu il pittore nazareno Johann David Passavant, che durante un viaggio ad Urbino sulle orme di Giovanni Santi, vide la tavola ed annotò diligentemente una descrizione, in cui riportò anche la firma di Piero e la scritta "Convenerunt in unum" (si accordarono o si allearono), che si sarebbe trovata "accanto" al gruppo delle tre figure (sulla cornice?) e che è poi scomparsa. La frase è tratta dal Salmo II, che fa parte del servizio del Venerdì santo, riferito alla Passione di Cristo: Adstiterunt reges terrae et principes convenerunt in unum adversus Dominum et adversus Christum eius.
Niente si sa della commissione o della destinazione originale della tavola, che però all'epoca di Passavant era ricordata tradizionalmente come dono del Duca Federico da Montefeltro. Non è citata negli inventari di Palazzo Ducale e non entrò mai nell'eredita roveresca, mentre è registrata in un inventario settecentesco del Duomo di Urbino (codice 93 della Biblioteca Universitaria di Urbino).
Nel 1858 l'inviato di sua Maestà Britannica la Regina Vittoria Sir Charles Lock Eastlake, in Italia a caccia di dipinti per i musei inglesi di recente istituzione, vide l'opera ma ne rimase deluso per alcuni lineamenti che turbavano il suo gusto classicista (le caviglie "grosse", le narici "larghe", ecc.). Per questo non acquistò l'opera, nonostante ne avesse facilmente facoltà, lasciandola a Urbino. Ne informò però il giovane amico e consulente italiano Giovan Battista Cavalcaselle, che vide l'opera tra il 1860 e il 1861. Fu lui, dopo il 1870, a ordinarene il primo restauro, nel quale lamentò un'"eccessiva pulitura", durante cui venne forse rimossa la scritta "Convenerunt in unum", che non si trova più citata nelle fonti dopo il 1863. Non è chiaro dove la scritta fosse originariamente, se sulla cornice (una perduta cornice dorata, menzionata nell'inventario settecentesco) o in calce sul dipinto, magari sotto le tre figure o in posizione più centrale[1].
Nel 1916 l'opera venne definitivamente trasferita a Palazzo Ducale.
Il primo critico moderno a scrivere della Flagellazione in termini estatici fu Adolfo Venturi nel 1911, poi seguì Roberto Longhi nel 1913 (Piero dei Franceschi e le origini della pittura veneziana), che ne diede un'originale rilettura attraverso Cézanne, nel quale riscontrava lo stesso "intervallarsi regolare di volumi regolari". Bernard Berenson scrisse che tra tutti i dipinti di Piero la Flagellazione era quello che amava di più, "per la sua mancanza di azione drammatica"[2]. A partire dagli anni venti si è registrata un'immensa letteratura sulla Flagellazione e il suo significato.
Il 6 febbraio del 1975 il dipinto, assieme alla Madonna di Senigallia dello stesso autore, venne trafugato dal Palazzo Ducale di Urbino. Entrambe le opere vennero recuperate a Locarno, in Svizzera, il 22 marzo dell'anno successivo.