William Somerset Maugham nacque a Parigi, nell’Ambasciata Britannica, il 25 gennaio 1875. Rimasto orfano di entrambi i genitori all’età di dieci anni, venne quindi affidato ad uno zio vicario nel Kent.
Fu per William un periodo particolarmente difficile: a scuola era emarginato per la sua balbuzie (un difetto che lo accompagnerà per tutta la vita) e la difficoltà a parlare un perfetto francese dovuta all’infanzia a Parigi, mentre a casa l’atmosfera repressiva vietava ogni manifestazione di emozioni. Da questa condizione Maugham uscì con un carattere particolarmente taciturno e solitario, ma anche con un occhio attentissimo e una straordinaria abilità a fare commenti pacati ma acuti. Inoltre, nella casa del vicario c’era una vasta biblioteca e lì il taciturno e solitario Maugham adolescente apprese il piacere della lettura.
Dopo un periodo di studi in Germania, all’Università di Heidelberg, fu per lo zio difficile trovare un lavoro che soddisfacesse le esigenze di entrambi: Maugham si rifiutava di seguire le orme forensi del padre e del fratello e in cuor suo desiderava già fare lo scrittore di professione, ma l’ipotesi ovviamente era improponibile.
Così studiò per cinque anni medicina al King’s College di Londra. Sebbene i critici considerino talvolta questo periodo come letterariamente improduttivo, fu di fondamentale importanza per la formazione umana di uno scrittore particolarmente attento agli avvenimenti grandi e piccoli della vita comune: non solo potette venire a contatto con gente di varia estrazione sociale, ma la vedeva nei momenti di più grande ansia e tensione della loro vita. «Vedevo come le persone muoiono. Vedevo come sopportavano il dolore. Vedevo come sono la speranza, la paura e il sollievo», ricorderà da adulto. Gli effetti della sofferenza, della malattia e della mancanza di denaro sull’animo umano parteciparono a formargli quella coscienza di “scrittore cinico”, come spesso è stato chiamato, che gli valse buona parte della fama.
Nel 1897 pubblicò Liza di Lambeth, romanzo che narra di un adulterio consumato nella classe operaia e delle sue conseguenze. Lo stile è quello proprio degli slum writers, gli scrittori realisti che indagavano negli strati più bassi della società.
Il grande successo del romanzo convinse Maugham ad abbondare la medicina, in cui appena terminato gli studi, per abbracciare l’agognata carriera letteraria: «la presi come un’anatra prende l’acqua», disse.
In seguito a Liza di Lambeth il suo successo crebbe sempre in misura sempre maggiore, anche grazie alle numerose sue commedie rappresentate sui palcoscenici di Londra: nel 1907 Lady Frederick fu un immenso successo e l’anno successivo a c’erano in cartellone contemporaneamente quattro sue commedie nel solo West End. Già a questo punto della sua carriera, Maugham era diventato uno degli autori teatrali più di successo della letteratura inglese.
Essendo allo scoppio della Prima Guerra Mondiale già troppo vecchio per essere chiamato alle armi fu così operativo in Francia nella Croce rossa Britannica come autista di ambulanza in un gruppo di 23 scrittori famosi, tra cui Ernest Hemingway, John Dos Passos e E. E. Cummings.
Fu in questo periodo che incontrò un giovane americano di San Francisco, Gerald Haxton, che rimase suo segretario e compagno di vita fino alla morte di lui, nel ’44.
Si sa anche che durante la guerra Maugham lavorò per il British Intelligence in Europa, facendo parte della rete di agenti britannici che operavano in Svizzera contro il Berlin Committee (il Comitato per l'indipendenza dell'India). Gli fu affidata anche una missione a San Pietroburgo, per fornire sostegni al Governo Provvisorio e mantenere la Russia in guerra. Queste esperienze fornirono sicuramente le basi per la successiva raccolta di racconti imperniati sull’agente segreto Ashenden (e che furono d’ispirazione a Ian Fleming per la creazione dell’avventuroso ma flemmatico James Bond).
Nel frattempo aveva pubblicato Schiavo d’amore, uno dei suoi romanzi più di successo, e aveva contratto un matrimonio riparatore con l’ereditiera Syrie Wellcome, che dette subito alla luce una figlia (anche se in vecchiaia Maugham, nel corso dei vari dissidi che ne nasceranno, sosterrà di non esserne il padre biologico).
In Svizzera Maugham iniziò però a manifestare sintomi di tubercolosi, così l’Intelligence lo assolse da altri incarichi e assieme al compagno Haxton intraprese un lungo viaggio nel Pacifico e nell’Estremo Oriente che, grazie anche alla presenza del compagno (molto più socievole ed estroverso di Maugham) gli fornì ampio materiale per i suoi lavori, come ad esempio il racconto Pioggia.
Per tutti gli anni ’20 la sua fama rimase stabile, essendosi ormai affermato come popolare scrittore “d’intrattenimento di qualità”.
Nel 1927 fu rappresentato sui palcoscenici londinesi il dramma La lettera, con Gladys Cooper.
L’anno seguente, a causa dei frequenti viaggi e della relazione con Haxton, Maugham e Syrie divorziarono e da allora i loro rapporti rimasero freddi. Comprò così Villa Mauresque, una tenuta a Cap Ferrat, in Francia, che sarebbe rimasta la sua dimora per il resto della vita (a eccezione dei frequenti viaggi) e uno dei maggiori salotti letterari europei.
Solo durante la Seconda Guerra Mondiale Maugham visse quasi sempre negli Stati Uniti, prima a Hollywood (dove lavorò su molte sceneggiature e diventò uno dei primi autori a guadagnare somme considerevoli con le trasposizioni cinematografiche) e poi in South Carolina, in una casa fornitagli dal suo autore americano.
Nel ’46 tornò in Francia con il nuovo compagno, Alan Searle, che lo sostenne nella vecchiaia e fu in seguito adottato come figlio per poter ricevere l’eredità.
Maugham morì nel 1965, e le sue ceneri furono sparse nei pressi della Maugham Library, alla King's School di Canterbury.
Molti scrittori si portano dietro delle etichette assegnate loro dai lettori o dai critici: Maugham, spesso, è ricordato come “scrittore cinico”. Ma da dove viene questo cinismo? E, soprattutto, di che si tratta esattamente?
Di certo, come persona Maugham aveva un carattere scostante e tagliente, seppur dotato di (ben nascosta) umanità: era chiuso e riservato, tagliente anche con le persone a cui voleva bene, selezionava gli eventi sociali a cui partecipare con grande attenzione. Di rado manifestava i suoi affetti e, se lo faceva, si sentiva in qualche modo fuori ruolo. È come se in ogni fase della sua vita si fosse sempre sentito soddisfatto ma non completamente a suo agio.
Questa inclinazione, che aveva senz’altro una componente innata, fu accentuata dai traumi infantili della perdita di entrambi i genitori, a distanza di poco tempo l’uno dall’altro: il piccolo Maugham era affezionato particolarmente alla mamma, e lui stesso riconosceva che quest’evento aveva cambiato radicalmente il suo modo di relazionarsi con gli altri.
Ed è singolare notare come nelle sue opere sia avvertibilissimo un senso di forte distacco dagli eventi narrati, anche quelli più sconvolgenti (per certi versi, ricordano la letteratura-giornalismo di Hemingway); inoltre, tale disposizione si accorda ad un’attenzione tutta particolare per la dimensione recitativa.
Riflette Julia in Theatre:
«Roger says we don’t exist. Why, it’s only we who do exist. They are shadows and we give them substance. We are the symbols of all this confused, aimless struggling that they call life, and it’s only the symbol which is real. They say acting is only make-believe. That make-believe is the only reality.»
Thus Julia out of her own head framed a new the platonic theory of ideas. It filled her with exultation. She felt a sudden wave of friendliness for that immense anonymous public who had being only to give her opportunity to express herself. Aloof on her mountain top she considered the innumerable activities of men. She had a wonderful sense of freedom from all earthly ties, and it was such an ecstasy that nothing in comparison with it had any value. She felt like a spirit in heaven.
Anche il nipote di Maugham, scrittore anch’esso, correlò questo carattere alla storia personale dell’autore: «è quasi certo che senza la balbuzie non sarebbe stato uno scrittore; probabilmente avrebbe fatto l’avvocato, come i suoi fratelli [oppure il vicario, come voleva lo zio; ma un sacerdote balbuziente avrebbe portato disonore alla famiglia, quindi la possibilità fu scartata]. La balbuzie lo rese riservato, lo costrinse a rimanere uno spettatore, fece di lui quell’osservatore distaccato della vita che divenne la prima persona singolare dei suoi libri. La balbuzie rese la sua prosa vigorosa, vivace e concisa, sciolti e efficaci i suoi dialoghi dei suoi lavori teatrali. Forse è a quell’impedimento che dovette la sua fama».
Inoltre probabilmente, oltre alle vicende della giovinezza, anche la particolare condizione personale di Maugham («io ero per tre quarti normale e per tre quarti omosessuale, ma cercavo di convincermi del contrario. Il mio sbaglio maggiore è stato questo», disse in vecchiaia) contribuì allo sviluppo di quel particolare senso d’osservazione che lo rendono particolarmente lucido e amaro nelle riflessioni sui rapporti interpersonali, e diffidente dai preconcetti che hanno origine dal pensare comune. Ad esempio, anche tra gli autori suoi contemporanei spicca la naturalezza con cui Maugham dotava talvolta le sue protagoniste femminili di desideri sessuali, evento in letteratura ancora molto raro, se non sotto una luce esclusivamente negativa. Liza di Lambeth, Lo scheletro nell'armadio, In villa, La diva Julia, Acque morte, Il filo del rasoio e altre ancora presentano donne determinate a soddisfare i loro appetiti senza badare alle conseguenze: con le dovute eccezioni (d’altronde, L’amante di Lady Chatterly è stato scritto negli stessi anni de Il velo dipinto o La lettera), non è facile trovare simili visioni della donna anche in autori a lui contemporanei; di sicuro, queste caratteristiche erano uniche nel settore letterario, inteso sia in senso critico che commerciale, a cui Maugham sentiva di appartenere.
È stato pensato inoltre che, essendo l’orientamento amoroso e sessuale di Maugham disapprovato, o addirittura considerato criminale, in quasi tutti i Paesi in cui avesse viaggiato o vissuto, ciò lo abbia reso in qualche modo se non proprio tollerante almeno indifferente ai vizi altrui.
Tale tolleranza, che in fondo è la stessa di cui si questiona nel racconto Pioggia, mal si sposava con la morale dei più: lettori e critici spesso si lamentavano infatti che Maugham non condannasse abbastanza esplicitamente i personaggi negativi delle sue opere.
Questi giudizi poco influivano sull’approccio di Maugham alla scrittura: per lui esisteva un modo di produrre letteratura che gli era congeniale e non intendeva discostarsene.
Di certo, se di tolleranza si può parlare, bisogna specificare che quella di Maugham è di tipo tutt’altro che bonario: «la gente mi interessa, ma non mi piace», disse. E così spesso anche i suoi personaggi vivevano in modo particolarmente distaccato dal mondo che li circondava, e per loro è il modo giusto di vivere: un esempio perfetto è il personaggio di Julia Lambert (la protagonista di Theatre), attrice teatrale di grande fama. Julia non recita però soltanto nel palcoscenico; recita con il marito, con l’amante, con gli amici, con il figlio, recita anche con se stessa. Eppure è un personaggio vincente, non resta intrappolata dai suoi artifici: Maugham ce la mostra realizzata e consapevole, ha persino la forza di controbattere al figlio che la accusa di essere artificiale, difendendo in modo convincente la sua condotta.
Di sicuro, all’epoca un libro così a-morale (privo di morale, perlomeno in senso tradizionale del termine) non poté apparire che frutto di un animo talentuoso ma arido; specie agli occhi di quei critici che apprezzavano in Maugham la distanza dal modernismo letterario, e quindi più propensi ad una visione conservatrice, tale scala di giudizi appariva quasi incomprensibile.
Il successo commerciale ottenuto con i libri venduti, le produzioni teatrali e le trasposizioni cinematografiche delle sue opere, insieme agli oculati investimenti in borsa, permettevano a Maugham di condurre una vita più che agiata. Ben consapevole dei suoi meriti, era decisamente orgoglioso di essere un autore così prolifico (ricordava spesso le famose quattro commedie in scena a Londra contemporaneamente). Ma, nonostante i suoi trionfi, non ebbe mai il massimo rispetto dai critici o dai suoi pari. Maugham attribuiva questo fatto alla sua mancanza di «qualità lirica», al suo vocabolario poco ampio e all'uso imperfetto della metafora nelle sue opere. Non a caso, si definì «uno dei primi nella fila dei secondi» e soffrì sempre di questo mancato riconoscimento da parte del mondo letterario.
Il periodo in cui Maugham raggiunse il massimo della fama era il periodo del modernismo in letteratura: T. S. Eliot, Francis Scott Fitzgerald, Ernest Hemingway, Ezra Pound, Virginia Woolf, Gertrude Stein erano allora considerati (come ancora adesso) i più grandi suoi contemporanei. In loro era predominante la ricerca di nuove tecniche narrative e poetiche che rinnovassero il romanzo e la poesia ottocentesca, di derivazione romantica. Uno di questi mezzi era, ad esempio, l’uso esteso di simboli di derivazione psicoanalitica; oppure, l’utilizzo di tecniche come flashback, flash-forward, trame non lineari e varie omissioni deliberate di informazioni per il lettore.
Maugham non seguì mai queste correnti (il modernismo, infatti, aveva molte varianti al suo interno e non assunse mai l’aspetto di un gruppo unitario).
Per lui, «the object of the novel is enjoyment»: il fine del romanzo è l’intrattenimento.
Fu semmai più vicino a quel corso di scrittori parallelo al modernismo che tra le due guerre innestò nuovi modi di fare letteratura su quello tradizione, anziché compiere una sorta di rottura, tanto in certi casi da sfumare nella letteratura normale di consumo: chi più chi meno, si può considerare che ne abbiano fatto parte Edward Morgan Forster, Evelyn Waugh, Noël Coward, David Herbert Lawrence, P. J. Wodehouse, Graham Greene.
Le soli tre grandi regole stilistiche che Maugham diceva di seguire erano, in ordine di importanza, la lucidità, la semplicità e l’eufonia.
La prima era il requisito essenziale di ciascun scrittore.
There are two sorts of obscurity that you find in writers. One is due to negligence and the other to willfulness. People often write obscurely because they have never taken the trouble to write clearly….Another cause of obscurity is that the writer is himself not quite sure of his meaning. He has a vague impression of what he wants to say, but has not, either from lack of mental power or from laziness, exactly formulated it in his mind…This is due largely to the fact that many writers think, not before, but as they write… You have only to go to the great philosophers to see that it is possible to express with lucidity the most subtle reflections.
L’attacco allo stream of consciousness degli scrittori modernisti (in particolare, James Joyce e Virginia Woolf) è quasi esplicito.
La seconda qualità è la semplicità:
When a modern writer is grandiloquent to tell you whether or no a little trollop shall hop into bed with a commonplace young man you are right to be disgusted.
Tuttavia, l’importanza di questa qualità è strettamente legata allo stile personale e va tenuta in considerazione più per Maugham stesso che per gli scrittori in generale; egli sentiva come proprio uno stile semplice ed essenziale, quindi riteneva che se si fosse sforzato di seguire un altro gusto (quello della «ricchezza», per usare una sua espressione) la qualità letteraria ne avrebbe automaticamente risentito:
I have aimed at [simplicity] because I have no gift for richness. Within limits I admire richness in others, though I find it difficult to digest in quantity.
Infine, l’eufonia. Maugham, che fin dall’inizio della sua carriera si dedicò moltissimo al teatro, conosceva bene l’effetto di una frase armonicamente ben strutturata.
Words have weight, sound and appearance; it is only by considering these that you can write a sentence that is good to look at and good to listen to.
Riteneva che fosse in buona parte un dono innato, come per alcuni pianisti è più facile di altri avere un buon orecchio musicale. E aveva una personale teoria sulle allitterazioni nella prosa:
Poets as we know have always made a great use of alliteration. They are persuaded that the repetition of a sound gives an effect of beauty. I do not think it does so in prose. It seems to me that in prose alliteration should be used only for a special reason; when used by accident it falls on the ear very disagreeably. But its accidental use is so common that one can only suppose that the sound of it is not universally offensive. Many writers without distress will put two rhyming words together, join a monstrous long adjective to a monstrous long noun…These are trivial and obvious instances. I mention them only to prove that if careful writers can do such things it is only because they have no ear .
C’è da aggiungere che, sebbene fosse stato britannico, l’inglese non fu la lingua madre di Maugham: fino all’età di otto anni visse a Parigi, dove parlava quotidianamente francese anche in famiglia. Il suo inglese fu quindi appreso in seguito, e Maugham stesso ammetteva che nella sua scelta delle parole si poteva avvertire un gusto continentale.
È interessante notare che tutte e tre le regole hanno come obiettivo non solo la più facile comprensione del testo da parte del lettore, ma anche appunto il suo intrattenimento: una posizione non sempre assunta, soprattutto in termini così espliciti, dagli autori letterari di un certo livello.
Come insomma pare evidente, la poetica di Maugham, e con essa la sua visione di letteratura, è lontana anni luce da quella dei suoi contemporanei colleghi modernisti. Ed è forse proprio per questa attenzione all’essere essenziale, eppure emozionante (nelle sue opere c’è sempre un forte senso del plot), che il cinema ha sempre trovato in Maugham una fonte ricchissima di soggetti.
Maugham è uno degli scrittori più spesso adattatati per il cinema in assoluto: l’Internet Movie Data Base, punto di riferimento universale per glia archivi cinematografici, calcola che siano ben centoundici i film e gli episodi televisivi tratti dai suoi romanzi.
Indagando, fra gli altri temi, la dimensione delle passioni negate, e considerando l’ordine sociale nel quale è vissuto, è naturale che Maugham abbia posto nelle sue opere particolare attenzione al mondo femminile, anche privato; e il cinema, che si considera aver avuto perlomeno nelle sue fasi iniziali un legame più stretto con la figura femminile che con quella maschile, ha trovato in Maugham una fonte ideale.
Il primo di questi film di cui si abbia notizia risale al 1915 ed è la trasposizione cinematografica di The Explorer, un romanzo di soli sette anni prima. L’ultimo è del 2006, The painted veil, con Edward Norton e Naomi Watts, ed è tratto dal romanzo omonimo.
Nel 2004 è invece uscito Being Julia con Annette Benning e Jeremy Irons. Si tratta della trasposizione de La diva Julia (il cui titolo originale è semplicemente Theatre), e proprio questo titolo italiano ben introduce una costante dei film ispirati ad opere di Maugham: la diva.
I ruoli delle protagoniste dei film sopra elencati sono sempre stati affidati alle più celebri e ammirate attrici del momento.
D’altronde, il fascino femminile era sempre stato oggetto di particolare attenzione da parte di Maugham, fin dagli esordi. Già la sua commedia teatrale Lady Frederick (rappresentata nel 1907 ma scritta nel 1903) non solo aveva la trama basata su questo tema, ma la sua stessa messa in scena dipende in modo quasi necessario dalla presenza di una “diva” del teatro nel ruolo principale: la commedia tratta di un’affascinante donna di mondo di mezza età che vive di espedienti, interpretata dall’allora famosissima Ethel Irving, di cui è innamorato un giovane suo pari. Nell’ultimo atto lei decide di disingannarlo: lo fa così venire nel suo camerino di toeletta e si lascia vedere da lui completamente senza trucco, con i capelli spettinati e la vestaglia; ma mentre l’azione avanza, l’attrice principale si trucca gradualmente fino a riacquistare il fascino dell’inizio. Come Maugham stesso constatò, parte del successo della commedia fu da attribuire a Ethel Irving, e al contrasto tra la sua fama di affascinante attrice teatrale e la sua disposizione a mostrarsi così dismessa.
Questo disincantato, eppure riverente (se non venerante), sguardo sul fascino femminile come artificio di straordinaria efficacia sembra quasi preannunciare alla futura schiera di dive che interpreteranno le trasposizioni cinematografiche di Maugham: si potrebbe abbozzare una storia del divismo femminile americano solo con questi film.
The painted veil, ad esempio, è stato interpretato nientemeno che da Greta Garbo nel 1936, e da Eleanor Parker nel 1957. Sempre Eleanor Parker aveva fatto una versione di Of human bondage nel 1946, prima di quella con Kim Novak del 1964 e dopo quella celeberrima con Bette Davis nel 1934. Sei anni più tardi, nel 1940, ancora Bette Davis interpretò sullo schermo la protagonista di The letter, un ruolo che a teatro fu interpretato da Gladys Cooper all’inizio degli anni 20. Un’altra versione cinematografica di The letter è del 1929, con Jeanne Eagels, l’attrice che contribuì al grande successo della versione teatrale di Pioggia nel 1923 (che fu portata sulle scene nel 1935 dalla più carismatica attrice di Broadway del periodo, Tallulah Bankhead).
Ed è proprio Pioggia che meglio di tutti gli altre opere di Maugham fissa, nelle sue tre differenti versioni cinematografiche, l’evoluzione della figura della diva nel quarantennio di cinema classico americano.
Il personaggio della prostituta Sadie Thompson viene prima interpretato da Gloria Swanson nel 1928, successivamente da Joan Crawford nel 1932 e infine, nel 1954, è il turno di Rita Hayworth. Tre differenti modi per proporre al pubblico lo stesso personaggio, tre diverse versioni della donna-prostituta evolutesi nel tempo.
Tutte e tre le riduzioni cinematografiche, più che direttamente il racconto di Maugham, si ispirano alla commedia di Colton e Randolph, ma quella muta del 1928, intitolata Sadie Thompson, è indubbiamente la più fedele allo carattere originario del racconto e la più artisticamente valida.
Gloria Swanson, spregiudicata e disinibita vamp degli anni ’20 ma anche attrice di grande profondità, riesce a rendere appieno le sfumature del personaggio di Sadie, in bilico tra la sensualità arrogante e l’insicurezza di una ragazza alle prese con l’autorità; la regia scorre veloce anche per lo spettatore moderno, a discapito della mancanza del sonoro.
Nel 1932 la Lewis Milestone pensò di farne una nuova versione sonora, Rain, ma per il ruolo di Sadie Thompson si trovò costretta a farsi prestare dalla Metro-Goldwyn-Mayer Joan Crawford, l’attrice che nel passaggio dal muto al sonoro aveva in qualche modo preso il posto di Gloria Swanson nel catalogo di star di Hollywood. Joan Crawford, sfruttando il glamour quasi eccessivo della sua immagine, rende una Sadie Thompson più strafottente e volgare, più sicura di se stessa; al tempo stesso, però, anche più lineare. Nel film appaiono delle suggestive scene dal sapore quasi documentaristico sui paesaggi della Polinesia. Anche il personaggio di Davidson però manca della profondità dell’originale, e l’intero intreccio ne risente pesantemente.
Il codice di autocensura di Hollywood sarebbe entrato pienamente in vigore dopo soli due anni, così per avere la terza versione si dovette aspettare Miss Sadie Thompson nel 1954, prodotta dalla Columbia con Rita Hayworth nel ruolo della protagonista e José Ferrer in quello di Davidson. Di sicuro, fra le tre questa è la Sadie Thompson più sensuale ma anche rassicurante: è come se la Hayworth fosse inconsapevole della propria bellezza, cosa che non si può dire di certo né per l’interpretazione di Gloria Swanson né tantomeno per quella di Joan Crawford (che, nonostante questo, ha la bellezza più anticonvenzionale delle tre). Quando fronteggia Davidson, la Sadie di Rita Hayworth lo fa con rispetto; quando si diverte con i militari stanziati sull’isola, lo fa con allegria ma anche con decoro; infine, più significativamente, è l’unico dei tre film dove si rende esplicito che Sadie Thompson non solo non è una prostituta, ma non lo è nemmeno mai stata nel suo passato. Il vigoroso Technicolor e le canzoni interpretate da Rita Hayworth non aiutano di certo a rendere più leggero un film che non ha saputo sfruttare al meglio i notevoli talenti impiegati.
La storia narra di un gruppo di passeggeri in viaggio con una nave da Honolulu ad Apia nella seconda metà degli anni ’10. A causa di un’epidemia di morbillo sono costretti a restare per un paio di settimane a Pago Pago, un’isola delle Samoa Americane. I personaggi principali sono il reverendo Davidson, il dottor Macphail, le rispettive mogli dei due e Sadie Thompson.
Davidson è un severo pastore evangelico americano con un inflessibile senso del dovere e, come d’altronde sua moglie, un’implacabile repulsione per tutto ciò che considera essere peccato. Il dottor Macphail è invece un medico scozzese in viaggio per i Mari del Sud assieme alla moglie per guarire da una ferita di guerra; i Macphail sono persone poco energiche ma tolleranti, senza convinzioni irremovibili. Sadie Thompson è una prostituta in fuga dalla legge da Honolulu ed è sfrontata, volgare e provocante.
Questo gruppo di personaggi così diversi tra loro è forzato a stare assieme in una pensione di Pago Pago, dove Sadie Thompson immediatamente riprende la sua professione con musica ad alto volume, festini e visite.
Il reverendo Davidson crede essere suo dovere non solo sopprimere il vizio dovunque esso si manifesti, ma anche salvare l’anima di Sadie Thompson. Inizia così una lunga battaglia tra i due.
Il reverendo si procura anche l’aiuto del governatore dell’isola, che ben sa delle conoscenze a Washington del missionario.
Sadie all’inizio si fa beffe di lui, poi quando avverte la portata del suo potere diventa più cauta, fino a cadere nella disperazione. Riesce anche a convincere Macphail a prendere le sue difese, ma i tentativi del dottore sono infruttuosi.
Alla fine Davidson riesce non solo a fare in modo che Sadie sia costretta a tornare in America, dove l’aspetta il carcere, ma anche a convincerla intimamente che sia la cosa più giusta per la sua anima. Appena però raggiunta la vittoria viene trovato morto sulla spiaggia, con la gola tagliata dalla sua stessa mano.
A prostitute, flying from Honolulu after a raid, lands at Pago Pago. There lands also a missionary and his wife. Also the narrator. All are obliged to stay there owing to an outbreak of measles. The missionary finding out her profession persecutes her. He reduces her to misery, shame, and repentance, he has no mercy on her. He induces the governor to order her return to Honolulu. One morning he is found with his throat cut by his own hand and she is once more radiant and self-possessed. She looks at men and scornfully exclaims: dirty pigs.
Nell’appunto qui sopra si possono individuare numerosi elementi d’interesse. Uno è quanto la storia, nel suo aspetto finale, sarà poi conforme alle note di Maugham: con qualche smorzamento del lessico, questo piccolo paragrafo potrebbe servire da riassunto per il racconto finale. Maugham, si nota, aveva già concepito il finale della storia prima di iniziare a scriverla, dal momento che la versione pubblicata conclude con «”You men! You filthy, dirty pigs! You're all the same, all of you. Pigs! Pigs!”». Una tale enfasi nel discorso finale non è sorprendente nel lavoro di un autore che ha raggiunto il successo scrivendo per il teatro, ed è d’altronde tipica di molti racconti di Maugham.
Va comunque notato che quello narrato non è la “letteraturizzazione” di un fatto realmente avvenuto, alla Maupassant, ma l’elaborazione di un fatto di fantasia che ha come attori personaggi incontrati nella vita vera: Pioggia è un’opera di fiction a tutti gli effetti.
Inoltre, un altro punto degno di attenzione riguarda la tecnica narrativa: per il ruolo di narratore, a cui Maugham si riferisce nell’abbozzo di trama, viene creato il personaggio del dottor Macphail, una sorta di maschera dell’autore e “attore passivo" dell’azione. Come Maugham, è medico; come Maugham, è appena tornato dal servizio militare al fronte, ma con «una ferita che avrebbe richiesto più tempo del previsto per guarire». Sebbene non sia un narratore sotto un punto di vista strettamente tecnico, il dottor Macphail rappresenta il punto di vista attraverso cui è vista tutta la storia; osservandola e commentandola, assume più o meno la funzione del coro greco.
Pioggia non è infatti propriamente la storia dell’evolversi della relazione tra il reverendo Davidson e Sadie Thompson, quanto piuttosto di quello che accade attorno ad essa. Il dottor Macphail diventa così il filtro attraverso il quale gli eventi della storia sono setacciati, e il suo commento determina nel lettore il senso di ciò che sta accadendo. Quando ad un certo punto prova ad agire a nome di Sadie, mostra il tipo di carità che dovrebbe avere Davidson e, quando Sadie gli urla la famosa frase finale, solo il dottor Macphail comprende appieno ciò che significa.
Questa strategia ha un effetto distanziante, sia per poter meglio introdurre l’elemento dell’ironia nel testo: il distacco introduce un necessario punto di vista esterno, e lo scarto permette di produrre ironia, sia per fare in modo che il diretto trattamento dell’oggetto della trama non sia necessario. Come risultato, il lettore adotta la posizione emotiva del dottore; gli eventi principali della storia hanno luogo altrove, e il giudizio del dottor Macphail è la finestra su di essi.
Sebbene questo approccio al narrare caratterizzi numerosi racconti di Maugham, ciò necessariamente non significa che egli adotti la caratteristica tipicamente moderna del distanziamento o del narrare indiretto. Infatti, nella sua prefazione al primo volume della sua raccolta di racconti si interroga sull’efficacia di tale tecnica; prendendo come esempio i racconti di Anton Čechov, allora particolarmente popolari, osserva:
If a short story is a piece of prose dealing with more or less imaginary persons no one wrote better short stories than Chekhov. If, however, as some think, it should be the representation of an action, complete in itself and of a certain limited length, he leaves something to be desired.
Maupassant's stories are good stories. The anecdote is interesting apart from the narration so that it would gain attention if it were told over the dinner table; and that seems to me a very great merit indeed.... These stories have a beginning, a middle and an end. They do not wander along an uncertain line so that you cannot see whither they are leading, but follow without hesitation, from exposition to climax, a bold and vigorous curve.
A prima vista la pioggia sembra un semplice elemento d’atmosfera, tanto che non ha nemmeno ruolo determinante nel procedere della trama: in un primo momento induce i personaggi a trovare rifugio da Horn, ma non nemmeno è la causa della loro permanenza a seguire sull’isola; il suo ruolo nel racconto però è di fondamentale importanza.
Non a caso, il titolo è un lapidario “Pioggia” anziché il nome di un personaggio (come in due delle tre versioni cinematografiche): nell’opera di uno scrittore attento al dettaglio come Maugham non è di certo un caso.
I Davidson e i Macphail sono appena sbarcati a terra, e all’improvviso il tempo cambia:
But Mrs Davidson had given two or three of her birdlike glances at heavy grey clouds that came floating over the mouth of the harbour. A few drops began to fall.
"We'd better take shelter," she said.
They made their way with all the crowd to a great shed of corrugated iron, and the rain began to fall in torrents.
Dato che il dottor Macphail cerca nel cielo stella la Croce del Sud (sottile espediente, peraltro, per indicarci subito in quale parte del globo ci troviamo) e all’entrata della nave in porto non solo sono visibili le cime delle montagne, ma il molo è coperto da una pittoresca folla di curiosi e venditori, si presuppone che fino ad un momento prima il cielo fosse limpido.
Ma come arriva, la pioggia diventa subito violenta: è come se l’isola manifestasse un rifiuto per i suoi visitatori bianchi.
Di certo i passeggeri della nave non sono gli unici occidentali presenti a terra, ma quelli stanziali descrittici si differenziano notevolmente da loro: il governatore stesso dell’isola e, ancora maggiormente, il locandiere Horn si sono adeguati alla morale e allo stile di vita del luogo, diventando pacifici e accomodanti (fino all’eccesso, in certi momenti: da sapiente scrittore Maugham non fa manicheismi).
La forza con cui l’acqua si abbatte sugli anglosassoni, (i Macphail sono scozzesi e i Davidson americani) fa pensare ad una sorta di lotta intrapresa dalla natura verso di loro.
In qualche modo, la pioggia paralizza l’uomo bianco non integrato, e lo costringe ad una tristezza nervosa, che va a sommarsi per il disappunto dovuto alla permanenza forzata. È interessante osservare, infatti, che in seguito il dottor Macphail incontra per strada degli indigenti sotto la pioggia: «Camminavano agili, senza fretta, ben eretti; e passando gli sorrisero e lo salutarono in una lingua strana». Su di loro la pioggia non ha effetto, non sono né impacciati né innervositi.
Quando noi lettori, assieme al dottor Macphail, riceviamo poi conferma che la granitica certezza di Davidson che Sadie fosse una prostituta corrisponde alla verità, la forza della natura colpisce ancora più violentemente la scena dell’azione, sottolineando la drammaticità del momento.:
And Dr Macphail watched the rain. It was beginning to get on his nerves. It was not like our soft English rain that drops gently on the earth; it was unmerciful and somehow terrible; you felt in it the malignancy of the primitive powers of nature. It did not pour, it flowed. It was like a deluge from heaven, and it rattled on the roof of corrugated iron with a steady persistence that was maddening. It seemed to have a fury of its own. And sometimes you felt that you must scream if it did not stop, and then suddenly you felt powerless, as though your bones had suddenly become soft; and you were miserable and hopeless.
La sensazione di claustrofobia è fortissima. Già prima che la pioggia arrivasse effettivamente, questo soffocamento era già presente («Sebbene fosse mattina presto, il caldo, a terra, era già opprimente. A Pago Pago, chiusa fra i monti, non arrivava un soffio d’aria»); ma la pioggia non ha fatto altro che aumentarla. Anche la scelta del lessico contribuisce a rafforzare questa impressione: «unmerciful and somehow terrible», «the malignancy of the primitive powers of nature», «it flowed», fino all’efficientemente onomatopeico «it rattled on the roof».
Il senso di impotenza derivato dalla persistenza della pioggia si lega così con quello che il dottore prova a causa dei rapporti tra Sadie e Davidson: qualcosa di ineluttabile deve accadere, e il ritmo da bolero delle condizioni meteorologiche guida il lettore fino al finale.
Sorprendentemente, spesso i commentatori si sono trovati in disaccordo sull’effettiva professione di Sadie Thompson. Secondo alcuni sarebbe una vera e propria prostituta, secondo altri sarebbe semplicemente una semplice ragazza dai modi vistosi e arroganti.
Anche chi ha affrontato la riduzione cinematografica di Pioggia, più o meno indipendentemente da altri fattori (il non trascurabile problema di poter mostrare agli spettatori una prostituta come protagonista) si è trovato ad affrontare questo problema.
Osserviamo gli elementi che Maugham fornisce al lettore.
Sadie appare appena a iniziato a diluviare, quando i Macphail e i Davidson si sono appena sistemati alla pensione. Il dottor Macphail sta per uscire di nuovo quando trova Horn in conversazione con il quartiermastro e una passeggera di seconda classe:
“Miss Thompson was sailing with you to Apia, so I’ve brought her along here.” The quartermaster pointed with his thumb to the woman standing by his side: she was twenty-seven perhaps, plump, and in a course fashion pretty. She wore a large white hat. Her fat calves in white cotton stocking bulged over the tops of long white boots in glace kid. She gave Macpahil a ingratiating smile.
Di certo non viene presentata in modo adatto ad una signora, visto il pollice puntato del quartiermastro: un elemento che salta anche all’occhio del lettore moderno. Per decifrare correttamente gli altri dettagli, invece, è necessario inquadrarli nel contesto storico del periodo.
Innanzitutto, l’età: per i tempi, se una ragazza era ancora nubile a ventisette anni (e su questo non ci sono dubbi: il quartiermastro la chiama Miss Thompson, non Mrs) c’era qualcosa che non andava. Anzi, Maugham la considera già una «woman», parola che associata al Miss ha già un che, se non di anticonformista, perlomeno di inusuale.
Poi, dopo l’età anagrafica, ci viene detto che Sadie è «plump», paffuta. Ai giorni d’oggi potrebbe sembrare una cosa poco lusinghiera da dire ad una ragazza; ma allora si poteva considerare un complimento, come possiamo rilevare in numerosa letteratura dell’epoca. Questo dato ci informa che Sadie quindi non è di certo rimasto nubile perché poco piacente, oltre ad abbozzarla come una ragazza sana e amante della vita.
Infine, il vestiario: Sadie Thompson è abbigliata completamente in bianco, fino agli stivaletti e al grande cappello. Sebbene sia usuale associare il bianco alla purezza e alla castità, va tenuto di conto che negli anni ‘10 era un colore decisamente sconveniente da portare addosso, specie in simile misura. La rivoluzione dell’estetica femminile degli anni ’20, che porterà ad imporsi la figura della flapper (e di cui Gloria Swanson fu una delle principali modelli), consistette proprio in questo: trasferire le caratteristiche fino ad allora elementi distintivi delle prostitute alle ragazze che non lo erano. Trucco marcato, capelli corti, gioielli vistosi e, soprattutto, vestiti dai colori chiari o sgargianti. Prima di tale mutazione una signora completamente vestita di bianco, a meno che non si trovasse ad una sera di gala, non era di sicuro una signora molto rispettabile. Non a caso Mrs Davidson è vestita completamente di nero, con solo una piccola croce al collo.
Questi elementi già inducono il lettore ad inquadrare Sadie Thompson come una ragazza di facili costumi, e di bassa estradizione sociale; ma di sicuro, l’”ingratiating smile” che lancia al dottor Macphail toglie ogni dubbio sulla sua identità. Sebbene nel testo «ingratiating» sia tradotto con «propiziatori», il termine significa piuttosto «suadente, insinuante»; considerando inoltre che questo è il primo sguardo rivolto al dottore, si può considerare certa la condizione di prostituta di Sadie Thompson.
Nell’approcciarsi ad esso bisogna infatti anche tener di conto che Pioggia non è un romanzo, ma un racconto: pertanto, i dettagli e le descrizioni sono ridotte all’essenziale, quindi assumono un peso particolare.
A seguire, le caratteristiche di Miss Thompson che la classificano come donna poco seria sono numerose: ha una parlata americana popolare («The feller’s tryin’ to soak me a dollar») e non solo beve, ma addirittura possiede whiskey (liquore allora considerato da uomini), che chiama «hooch». Questa mancanza di rispetto per il codice sociale dice molto non solo la sua condizione, ma anche della sua natura arrogante e indipendente.
In seguito, Davidson la collega a Iwelei, il quartiere a luci rosse di Honolulu e, quando le fa chiedere quando può andarla a trovare, la risposta riportata è:
"Miss Thompson's compliments and as long as Rev. Davidson don't come in business hours she'll be glad to see him any time."
Di quale altro lavoro si potrebbe parlare, esercitabile in una stanza da letto?
E come se non bastasse, abbiamo pure la conferma esplicita dell’autore: nel famoso abbozzo di trama, Maugham scrive espressamente «a prostitute».
Mi sembra che il punto sia inequivocabile.
È innegabile che nel procedere del racconto Maugham, per mezzo del tollerante e forse eccessivamente noncurante dottor Macphail, prende decisamente le parti di Miss Thompson di fronte a Davidson (in fondo non sorprendentemente, dato il modello letterario di Maupassant).
La vicenda non è esente da chiaroscuri, tuttavia. Analizzando questa sua posizione, oltre a entrare nei meccanismi interni del racconto possiamo meglio mettere in luce anche la posizione di Maugham in relazione alla sua fama di cinico.
Il parteggiare per Sadie rivela indubbiamente infatti una certa generosità di spirito, dal momento che i piaceri amati dalla ragazza non erano chiaramente quelli di Maugham, e la differenza di gusti spesso preclude la simpatia. Maugham ammetteva di trovare difficoltà nel parlare con le altre persone, specie se non vi era in confidenza, e si stancava di qualsiasi compagnia dopo un’ora o due, desiderando tornare ai suoi libri, senza contare che sebbene bevesse regolarmente detestava fortemente bere troppo; non per questo però ne concludeva che i suoi piaceri fossero moralmente superiori a quelli delle persone che preferivano «il suono del grammofono a tutto volume che butta un ritmo sincopato». Da uomo colto, bilingue in inglese e francese, capace di leggere i classici spagnoli e tedeschi, e conoscente di abbastanza russo per leggere Čechov in originale, imparò la tolleranza dalle persone di cultura inferiore alla sua. «Dal punto di vista di quale eternità» chiede in The bookbag, «è meglio aver letto mille libri di aver arato un milione di solchi?» Comunque si giudichi questo pensiero, di certo non appartiene ad un carattere sprezzante.
Tuttavia, Maugham non fa del sentimentalismo su Sadie Thompson. Al contrario: quando Davidson si è ucciso, lei si pavoneggia crudelmente davanti alla porta, e ride in faccia e sputa a Mrs Davidson. Si gusta il proprio trionfo e di colpo riassume lo stile di vita dal quale Davidson aveva provato ad allontanarla: decisamente, non rientra nel ricorrente topos letterario della prostituta col cuore d’oro.
E Maugham neppure rende Davidson completamente spregevole. È un medico missionario e sua moglie ci narra come, quando lui riceve un messaggio da qualcuno malato su un’altra isola, egli parta senza esitazione in canoa per fare tutto il possibile per quella persona, anche con la tempesta. La fede di Davidson in Dio è così forte e assoluta che nessun pericolo oggettivo può dissuaderlo da ciò che crede essere il suo dovere. Secondo il suo modo di pensare egli non fa che del bene, e quindi non è perciò neppure un ipocrita; sebbene i suoi metodi siano criticabili, è così sicuro dei suoi fini da credere che ogni mezzo sia giustificato per raggiungerli. Nel microcosmo di Pioggia, Davidson rappresenta la disastrosa tendenza umana di permettere che la fede in un’idea salvifica distrugga il semplice sentimento di umanità.
Ma sebbene Maugham ci descriva Davidson come un uomo pericoloso, non ci invita a esultare per la sua morte, come fa Sadie. Piuttosto, fa il contrario: con pochi tocchi, e con un virtuosistico understatement, Maugham ci lascia immaginare la titanica lotta nell’animo di Davidson che ha sicuramente preceduto il suo suicidio: una lotta tra le profondamente radicate convinzioni religiose che hanno dato significato alla sua vita e al suo lavoro da una parte, e della pura lussuria biologica dall’altra.
Come ci è stato suggerito, peraltro, Davidson doveva avere represso in modo particolare questa componente della vita coniugale:
"It's early to go to bed yet, isn't it?" said the doctor.
"We have a good deal of reading to do," explained Mrs. Davidson. "Wherever we are, we read a chapter of the Bible before retiring for the night and we study it with the commentaries, you know, and discuss it thoroughly. It's a wonderful training for the mind."
E quindi è proprio perché le convinzioni di Davidson sono così sincere che si uccide: dopo aver commesso questa colpa, la sua vita gli sarebbe in seguito intollerabile. Si tratta dello stesso contrasto interiore a cui Maugham fa riferimento in The summing up:
I think what has struck me most in human beings is their lack of consistency. I have never seen people all of a piece. It has amazed me that the most incongruous traits should exist in the same person and for all that yield a plausible harmony.
La vera colpa di Davidson, semmai, è proprio questa: non aver ammesso l’esistenza di questa «incongrua ma plausibile armonia» che, in quanto essere umano, ha dentro di sé.
Pare così evidente che Pioggia si distanzia dal dramma da pochi soldi: c’è della vera tragedia quando Maugham invita i suoi lettori a provare genuina compassione per un personaggio che ha sempre presentato loro in modo che lo detestassero, e che lui stesso detesta. Decisamente antisentimentale e realistico (è assente la canonica scena di riconciliazione, tra Sadie e Mrs Davidson), Maugham chiede tuttavia ai lettori di espandere la loro portata emotiva: esattamente l’opposto del cinismo.
Pioggia è una storia che, pur essendo di piacevole lettura, è anche seria e profonda. Come poter avere un’integrità morale rimanendo al tempo stesso tolleranti? Maugham non è un completo relativista, altrimenti non avrebbe punti fermi da cui criticare i Davidson; ma è altrettanto chiaro che è contrario ad un codice morale che impone ad un uomo più di quanto possa sopportare.