Con una certa insistenza ritroviamo spesso nel testo la tematica della morte.
A proposito di Villa Bacilla, la clinica nella quale è ricoverato il giovane Elianto, Benni scrive che in essa ci sono “trecento posti letto, quasi tutti numerati e adibiti alla cura di persone che dovevano morire da parte di altre persone che dovevano a loro volta morire ma ci pensavano un po’ meno.”[16]
Nella descrizione iniziale del dottor Satagius, riguardo alla futilità dell’esistenza, si afferma:
“La vita è così breve e preziosa, pensa, e tutti questi organi che si danno da fare, faticano, filtrano, pompano, espellono, in una sfida di cui si conosce già l’esito.”[17]
Sempre sull’inevitabile forza livellatrice della morte che vanifica l’affannarsi umano, più avanti per bocca del diavolo Ebenezer che parla di Ermete Trismegisto, l’autore aggiunge :
”… la sua sorte è quella di creare dissonanze e differenze che altri cancelleranno”.[18]
E le differenze sono effettivamente cancellate su Medium, dove i cittadini sono ridotti ad una grigia massa informe, perfettamente inquadrati da rigide regole comportamentali. Tuttavia anche questo contesto così estremo permette all’autore di segnare un’altra stoccata nei confronti della condizione umana nella società contemporanea, quando, per bocca di un personaggio di Medium, egli afferma che “la noia è un male sottile. Ti riduce come loro, tutti uguali, sazi, indifferenti, quasi peggio che sulla Terra”[19].
Ipse dixit
Ma la riflessione più sarcastica, esplicita e completa viene sviluppata nel mondo degli inferi quando, all’interno di un ufficio sulla cui porta è scritto “Executive Manager”, Lucifero in persona
( "...Vestito con un doppiopetto fumo di Londra e sopra mostra ciò che [...] costituisce il lato orribile del suo aspetto: LA CRAVATTA!" ) rivela a Brot, Ebenezer e Carmilla lo scopo della loro missione. Nel monologo di Lucifero sono evidenti i riferimenti ad una società di massa e consumistica nella quale l’apparenza ed il potere sono il tutto da raggiungere machiavellicamente con qualsiasi mezzo.
“Già da molto tempo ci lamentiamo che i dannati di questa parte della Terra siano molto deludenti. Là infatti si pecca per catechismo: più uno è fetente e più uno è premiato, più è ribaldo, ignorante, violento,ruffiano, più è facile che abbia un ruolo di riguardo e l’approvazione generale. Bisogna dire (sospiro) che su Tristalia fare la carogna è l’undicesimo comandamento, una facile moda, un conformismo rassicurante, una comoda scorciatoia per ogni carriera.
Manca quel senso di sfida e ribellione che rende nobile il trasgredire! Manca, soprattutto, il libero arbitrio. Alle bambine viene insegnato a sfilare prima che a camminare, ai bambini viene imposto il volante già nella carrozzella. […] In quanto agli adulti, se chiediamo loro di venderci l’anima, hanno come unico problema il pagamento in nero. […] Che senso ha il nostro lavoro in un contesto del genere?”[20]
L’amara riflessione critica dell’autore sulla spregiudicata società del profitto e del consumo della triste Italia nella quale vive si conclude in maniera ancor più aspra sempre per bocca di Lucifero il quale, in riferimento agli abitanti di Tristalia, chiosa:
“E sono pronti a tutto per diventare importanti. In questo paese ormai ci sono così tante persone importanti che a nessuno importa più nulla di nessuno! Questo Zentrum controlla ogni atto della loro vita, li aizza di volta in volta a esaltare o a disprezzare, a obbedire o a ringhiare. Li riempie di una paura informe e paralizzante. Prevede ogni buono o cattivo sentimento, vende armi e immagini di stragi, popcorn e schizzi di sangue, crea i giustizieri e rimpiange le vittime, si bea di catastrofi e di beneficenza, di eccitazione e di rimorso. No, non sono questi i dannati che vogliamo! Queste pecore viziate, questi cattivelli avidi che dopo ogni peccato presentano la lista del rimborso spese e dopo ogni delitto vendono l’esclusiva delle foto, questa indifferente schiera che rimastica peccatucci a comando, questa carne da sondaggi […] ” [21]
La vita umana in fin dei conti si riduce a poca cosa. Questa è la conclusione cui sembra voler giungere l’autore, quando un’anguilla evocata dai ragazzi intrepidi per ottenere una mappa nootica, afferma:
“Si tromba, si figlia, poi si muore. Tra noi anguille va così.
- Anche tra noi bipedi – disse Boccadimiele”.[22]
E non deve trarre in inganno il finale del romanzo. Pur nel trionfo dei buoni e nella sconfitta dei cattivi si cela tuttavia un’amara consapevolezza che getta un filo d’ombra anche sul luminoso lieto fine, in un contrasto agrodolce, giusto epilogo del romanzo. Nonostante il successo della missione, essa fallisce nel sovvertire il sistema. Con il crollo del Zentrum, crolla tutta la Nova Repubblica e l’annesso repertorio di politicanti. Ma il sistema si ricicla, trova il modo di riprodursi sotto nuove forme pur mantenendo la sostanza, in un gioco di specchietti per allodole teso a mantenere lo status quo. E’ pronta la Supernova Repubblica con i suoi nuovi venticinque presidenti, tra i quali Baby Esatto, nonostante la sconfitta con Elianto, mentre il Zentrum viene sostituito da un modello più sofisticato. Il cerchio si chiude e il nuovo ordine si presenta come riproposizione di quello vecchio, mettendo in rilievo come sia impossibile sovvertire un sistema tanto radicato nei gangli di una società fondata su consumismo, potere politico e televisioni[23].
Un mondo ideale?
Ma un mondo ideale esiste per l’autore. Esso si evince, oltre che dal contrasto con quanto descritto in termini negativi, anche attraverso una filastrocca che fa da introduzione al ventiquattresimo capitolo:
Acqua da bere ce n’è finché vuoi
mango e banane non mancano mai
sugli alberi cresce la mozzarella
i pesci da soli saltano in padella
niente problemi, niente padroni
su, vieni a vivere a Mummulloni.
Qui ogni notte c’è luna piena
e non c’è mai un cellulare che suona
rumore di macchine non sentirai
e la mattina finché vuoi dormirai
perché nessuno ti rompe i coglioni
su, vieni a vivere a Mummulloni.
Le donne son tutte dolci e cordiali
gli uomini tutti affettuosi e virili
i vecchi nuotano e al sole stanno
i bimbi piangono una volta all’anno
e non ci sono televisioni
su, vieni a Mummulloni.[24]
In questo fantastico mondo di Mummulloni tutto sembra essere perfetto e, accanto ad immagini assurde o iperboliche (“sugli alberi cresce la mozzarella” o “i pesci da soli saltano in padella”), ci sono altre situazioni ideali (“niente padroni”, “non c’è mai un cellulare che suona”, “rumore di macchine non sentirai”, “nessuno ti rompe i coglioni”, “non ci sono televisioni”) che così assurde non sono ma lo diventano se accostate alle altre, come a voler sottolineare che certe caratteristiche proprie della modernità, negative per l’autore, appaiano ormai come impossibili da estirpare.
E’ interessante infatti vedere come ancora oggi Benni non abbia mutato giudizio sul sistema politico italiano e su certi aspetti della tecnologia moderna. In un articolo apparso sul quotidiano francese “Liberation”, in seguito lle recenti elezioni afferma:
“Ma nel complesso, tutto è tornato vecchio e senza futuro, come previsto. Ma se la politica è sempre più vecchia, dove si incarna, allora, la fame di nuovo del paese?
Ma diavolo, nella tecnologia! Abbiamo metà degli italiani con la sola licenza media, ma il cento per cento di telefonini”[25].
L’onniscienza eterodiegetica[26] dell’autore riesce, in conclusione, a modellare una complessa metafora del mondo contemporaneo o, più propriamente, quella che può essere considerata una previsione del futuro che è già diventato il nostro presente. Previsione che non è storica, ma visionaria e quindi più ampia di quella storica perché più ampiamente applicabile[27].
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