Elianto, il cui nome deriva dal greco antico ànthos (fiore) ed hèlios (del sole) per il suo colore giallo, ovvero girasole, è forse il romanzo in cui Benni dà più libero sfogo alla sua fervida e sconfinata fantasia.
Comico, critica politica e sociale, fantastico: la contaminatio benniana si risolve in un’opera originale molto complessa ed eterogenea.
Il contrasto
Fil rouge del romanzo è senza dubbio il contrasto.
Una delle opposizioni che saltano maggiormente all’occhio è quella tra uno stile e un linguaggio che in alcuni passaggi si fanno elevati, poetici e dotti ad altri in cui dominano assolutamente il parodismo, la volgarità e l’umorismo immediato. Mirabile in questo senso è il racconto zen di Visa e Pat. Quest’ultimo racconta un apologo al fine di esemplificare come nelle situazioni più disagevoli sia di fondamentale importanza raggiungere uno stato di perfetto vuoto mentale, condizione necessaria per poter viaggiare da un mondo all’altro.
“ … in un tempio vicino a Lahore, viveva un maestro arciere di nome Visvamitra, di cui tutti ammiravano l’abilità. Quando imbracciava l’arco, egli otteneva sempre il perfetto vuoto mentale, e la freccia si dirigeva verso il bersaglio senza che da parte del maestro fosse necessario nessuno sforzo di volontà, nessun apprendimento autocorrettivo o obbedienza inconscia a calibrazione interiore in termini batesoniani.
Un giorno il maestro stava facendo lezione davanti agli allievi, e aveva incoccato lo strale e teso l’arco, quando una farfalla si posò proprio sulla punta della freccia.
Il maestro non la allontanò né scoccò il dardo. Semplicemente aspettò, con l’arco immobile e teso.
Circa un’ora dopo, la farfalla volò via. Subito la mano del maestro lasciò la freccia, che centrò il bersaglio.
« Maestro » disse un allievo « è veramente straordinario come lei abbia saputo mantenere il vuoto mentale per tanto tempo, nonostante la presenza di quella farfalla. »
« Quale farfalla? » - disse il maestro Visvamitra.”[1]
A questo racconto, che sul piano contenutistico è intriso del più tipico spirito filosofico orientale, fa da contraltare la versione decisamente più secolare proposta da Visa subito a seguire:
“… c’era in un tempio vicino a Calcutta un maestro tiratore d’arco, Vaisampayana, di cui tutti ammiravano la destrezza. Egli sapeva sempre ottenere il perfetto vuoto mentale, nei termini dell’ipotesi fisica del diavoletto di Maxwell, e ogni volta sembrava che fosse il bersaglio stesso a calamitare irresistibilmente la freccia verso di sé.
Un giorno un allievo burlone pensò di fare uno scherzo al maestro. Prese una delle frecce e le incollò sulla punta una farfalla imbalsamata. Quando il maestro estrasse la freccia dalla faretra e l’ebbe incoccata, si trovò la farfalla davanti agli occhi.
Il maestro si fermò, con l’arco teso.
Dopo dodici ore era ancora nella stessa posizione , e qualcuno degli allievi cominciava a dare segni di cedimento, gli stomaci bramivano per la fame, le gambe inchiodate nella posizione del loto erano un unico straziante crampo, e tutti stavano per pisciarsi addosso. Passarono altre dodici ore e numerosi allievi svennero. Finché l’allievo burlone si inchinò davanti al maestro e disse:
« Perdonami, nobile Vaisampayana, ma è stato uno scherzo: la farfalla è imbalsamata. »
Il maestro Vaisampayana, senza dire una parola, scoccò la freccia e trapassò l’allievo a un polpaccio.
« Così impari a fare il cretino » - disse.”[2]
Altra fonte di contrasti si rileva nella caratterizzazione dei personaggi del libro.
Visa e Pat, ad esempio, vivono in costante contraddizione e ciò che dice l’uno viene costantemente ribaltato dall’altro.
Fuku Occhio di Tigre si fa portavoce di molti degli stereotipi che accompagnano i sacerdoti-guerriero tipici delle religioni orientali (Shaolin in particolare) e tutto il suo spirito mistico infarcito di aforismi zen viene controbilanciato dal suo maestro Shin, costretto a vivere con un casco in testa e rifuggire i pensieri elevati che gli causano un’improvvisa e incontrollabile levitazione verso il soffitto.
Brot, diavolo estremamente volgare e rozzo nei modi di fare come nell’aspetto, si contrappone ai suoi due compagni di viaggio, Ebenezer e Carmilla, dai corpi eleganti e dai modi decisamente più controllati e ortodossi.
A Villabacilla, il dottor Siliconi è un medico spregiudicato guidato soltanto dal profitto e dalla brama di potere e la cui essenza può essere riassunta nella frase “Un malato senza un rene può vivere benissimo, un malato senza libretto degli assegni no”[3]. A lui si contrappongono il dottor Satagius, direttore della clinica, caratterizzato da umanità e da grande affetto paterno nei confronti di Elianto, ed il capoinfermiere Talete, anche lui molto sensibile nei confronti degli ospiti della clinica.
Il continuum dei mondi alterei
Solo apparente è invece il contrasto tra i diversi mondi paralleli (i Mondi Alterei) caratterizzanti l’universo di Elianto e che gravitano intorno alla Terra, i quali sembrano assumere invece l’aspetto di un unico continuum evolutivo. Si parte dal brodo primordiale di Protoplas in cui ogni forma vivente è ancora tutta da definire, per passare poi alla grigia Tristalia e all’ancor più grigia Medium che si prefigura come evoluzione e raggiungimento di quel controllo totale e quell’inquadramento che nella terra di Elianto è solo abbozzato. Infine si arriva, preceduto dal caos futuristico di Bludus , pianeta alla “Guerre stellari” in cui convivono le più svariate forme di vita extraterresti votato al puro divertimento e ricco soprattutto di case da gioco ("ludus" in latino significa proprio "gioco"), alla deflagrazione totale di Yamserius, scenario postatomico, evidente degenerazione di un società tecnologica dalle profonde divisioni e tensioni sociali.
Accanto a questi mondi ne vengono esplorati altri tre dalle peculiarità tali da non poter essere inseriti in un vero e proprio continuum evolutivo in diretta relazione con gli altri:
Neikos, pianeta perennemente in guerra ("neikos" in greco significa "odio", "discordia"), nel quale ogni contendente è convinto di battersi per la "Giusta Causa".
Mnemonia, luogo etereo in cui nulla ha una forma propria e dove risiedono i ricordi di tutti gli esseri viventi.
Posidon, pianeta ricoperto quasi completamente d’acqua che trae il suo nome dalla divinità greca Poseidone, divertente parodia del mondo dei pirati dove dominano i più scontati stereotipi della realtà omosessuale (figura centrale è un certo capitan Guepière) e piratesco, fusi in un contrastante connubio dai molteplici risvolti comici.
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