«(…) nella casa di calle Arenales, in una cassa piena di vecchi libri, scoprii fortuitamente dei taccuini di appunti di Ernesto. Cominciai a sfogliarli. Era evidente che il più voluminoso, un grosso quaderno con la copertina logora, aveva viaggiato molto. Sfogliandolo, si riconosceva la caratteristica calligrafia di Ernesto, e risultava chiaro che si trattava di un diario di viaggio scritto a matita. (…) mi sono impegnato a decifrarlo, riuscendo così a salvare dall’oblio il contenuto del taccuino.» (Guevara Lynch, Mio figlio il Che, p. 277).
Viaggio in Argentina
«Aveva progettato uno strano viaggio, nella logica del 'raidismo', la filosofia degli erranti, dei vagabondi organizzati, dei viaggiatori a oltranza. Adattando alla sua bicicletta un piccolo motore di fabbricazione italiana, marca Cucciolo, pensava di aumentarne la potenza e di viaggiare studiando.» (Taibo II, Senza perdere la tenerezza, p. 39).
«Mi rendo conto di aver maturato in me qualche cosa che da tempo cresceva nel frastuono cittadino: l’odio per la civiltà, la rozza immagine di persone che si muovono come impazzite al ritmo di quel tremendo rumore.» (Taibo II, Senza perdere la tenerezza, p. 40).
«La strada per uscire da Tucumán è una delle cose più belle del nord (argentino): per circa venti chilometri è asfaltata, e sui due lati si vede una vegetazione lussureggiante, una specie di selva tropicale alla portata del turista, con una quantità di ruscelli e un’umidità che le conferisce l’aspetto di una foresta amazzonica simile a quelle che si vedono nei film. Entrando in questo parco naturale, camminando fra le liane, calpestando felci e pensando come tutto ciò si fa beffe della nostra scarsa cultura botanica, ci si aspetta a ogni istante di udire il ruggito di un leone, di assistere al silenzioso scivolare di un serpente, o al veloce passaggio di un cervo.» (Guevara Lynch, Mio figlio il Che, p. 289).
«Arrivo a Salta alle due del pomeriggio e vado a trovare i miei amici dell’ospedale, (…) la domanda di uno di loro è: Che cosa vuoi vedere? Una domanda che resta senza risposta, perché a questo scopo fu formulata e perché non c’è niente da rispondere, perché il punto è che cosa vedo io; quanto meno, io non mi nutro delle stesse cose dei turisti e mi stupisce vedere sui dépliant promozionali, per esempio in quello di Jujuy, l’altare della patria, la cattedrale dove fu benedetta la bandiera, (…). No, non è questo il modo di conoscere una città, il suo modo di essere e di interpretare la vita; quella è una copertina lussuosa, mentre la sua anima si riflette nei malati all’ospedale, nei rifugiati nel commissariato o nel passante ansioso con cui si fa amicizia mentre in basso il Río Grande mostra il suo alveo gonfio e turbolento.» (Guevara, La storia sta per cominciare, p. 38).
Primo viaggio in America latina
«Il personaggio che ha scritto questi appunti è morto quando è tornato a posare i piedi sulla terra d’Argentina, e colui che li riordina e li ripulisce, ‘io’, non sono io; per lo meno, non si tratta dello stesso io interiore.» (Guevara, Latinoamericana, pp. 17-18).
«Córdoba, dove abitava la sua fidanzata, era lontana settecento chilometri, ma Ernesto, nonostante gli impegni del suo lavoro al municipio di Buenos Aires e i viaggi come infermiere sulle navi della flotta mercantile nazionale, ogni volta che poteva partiva per il nord e andava a trovarla. Le cose continuarono così fino al 1952, quando Ernesto annunciò a Chichina il suo viaggio attraverso l’America con Alberto Granado.» (Guevara Lynch, Mio figlio il Che, pp. 236-237).
«Questo è uno di quei casi in cui il medico, cosciente della propria assoluta impotenza di fronte alla situazione, sente il desiderio di un cambiamento radicale, qualcosa che sopprima l’ingiustizia che ha imposto alla povera vecchia di fare la serva fino al mese prima per guadagnarsi da vivere, affannandosi e soffrendo, ma tenendo fronte alla vita con fierezza. (…) è ora che i governanti dedichino meno tempo alla propaganda delle qualità del loro regime e più denaro, moltissimo denaro in più, per la realizzazione di opere di utilità sociale.» (Che Guevara, Latinoamericana, p. 49).
«Chuquicamata sembra lo scenario di un dramma moderno. Non si può dire che manchi di bellezza, ma la sua è una bellezza senza grazia, imponente e glaciale. Quando ci si avvicina alla zona mineraria, sembra che l’intero panorama si concentri nella pianura per dare una sensazione di asfissia.» (Che Guevara, Latinoamericana, p. 56).
«La parola che più di ogni altra può definire il Cuzco è evocazione. Un’impalpabile polvere di altre ere sedimenta tra le sue strade, sollevandosi in un magma di laguna fangosa quando si calpesta il suo substrato.» (Che Guevara, Latinoamericana, p. 75).
«Lima è la rappresentazione stessa di un Perú che non è uscito dallo stato feudale della colonia: aspetta ancora il sangue di una vera rivoluzione emancipatrice.» (Che Guevara, Latinoamericana, p. 100).
«Se c’è qualcosa che, un giorno, dovesse convincerci a dedicarci seriamente alla lebbra, sarà questo affetto che ci dimostrano i malati di ogni parte.» (Che Guevara, Latinoamericana, p. 103).
«(…) crediamo, e dopo questo viaggio più fermamente di prima, che la divisione dell’America in nazionalità incerte e illusorie sia completamente fittizia. Costituiamo una sola razza meticcia che dal Messico fino allo stretto di Magellano presenta notevoli similitudini etniche. Per questo, cercando di spogliarmi da qualsiasi vacuo provincialismo, brindo al Perú e all’America Unita.» (Che Guevara, Latinoamericana, p. 111).
«Questo paese, fra tutti quelli che abbiamo visitati, è quello che ha maggiormente soppresso le garanzie individuali; la polizia pattuglia le strade con il fucile in spalla e tutti i momenti ti chiede il passaporto, anche se poi, magari, lo legge alla rovescia; c’è un clima teso, che fa prevedere l’avvicinarsi di una sommossa.» (Che Guevara, Lettera dalla Colombia, Bogotà, 6 luglio 1952).
«(…) adesso sapevo... sapevo che nel momento in cui il grande spirito che governa ogni cosa darà un taglio netto dividendo l’umanità intera in due sole parti antagoniste, io starò con il popolo, e lo so, perché lo vedo impresso nella notte, che io, eclettico sezionatore di dottrine e psicoanalista di dogmi, urlando come un ossesso, assalterò barricate o trincee, tingerò di sangue la mia arma e, come impazzito, sgozzerò ogni nemico mi si parerà davanti.» (Che Guevara, Latinoamericana, p. 120).
«Quell’ormai storico viaggio finì a Caracas il 26 luglio 1952, e mentre il mio compagno di avventure e d’imprese sportive tornava a Buenos Aires, io misi radici in Venezuela (…)» (Granado, Un gitano sedentario, p. 79).
«L’assenza di Alberto si avverte in maniera straordinaria. È come se i miei fianchi fossero sguarniti ed esposti a qualsiasi eventuale attacco. Mi volto in continuazione per fargli osservare questa o quella cosa e solo in quel momento mi rendo conto della sua assenza.» (Che Guevara, Latinoamericana, p. 117).
Secondo viaggio in America latina
«La Bolivia è un paese che ha dato un esempio veramente importante all’America…Qui le rivoluzioni non si fanno come a Buenos Aires, e due o tre mila morti (nessuno sa esattamente quanti) son rimasti sul campo. Comunque la lotta continua e quasi tutte le notti ci sono feriti da arma da fuoco di una parte e dell’altra, però il governo è appoggiato dal popolo armato cosicché non è possibile che sia schiacciato da un movimento armato proveniente da fuori e potrà soccombere solo a causa di lotte interne.» (Traduzione da: Le Rose, Nicola. Ernesto Guevara scrittore, p.70).
«La mia vita è stata un mare di opposte decisioni fino a quando ho abbandonato coraggiosamente il mio bagaglio e, zaino in spalla, ho intrapreso con l’amico García il tortuoso cammino che ci ha condotto fino a qui. A El Paso ho avuto l’opportunità di attraversare i domini della United Fruit e mi sono convinto una volta di più di quanto tremende siano queste piovre capitaliste. (…) In Guatemala mi perfezionerò e otterrò ciò che mi manca per essere un autentico rivoluzionario.» (Guevara, La storia sta per cominciare, p. 89).
«La mia posizione non è assolutamente quella di un dilettante capace solo di parlare. Ho assunto una posizione precisa a favore del governo guatemalteco e, al suo interno, del gruppo del PGT, che è comunista, prendendo inoltre contatti con intellettuali di quest’area politica che qui pubblicano una rivista e lavorando come medico nei sindacati. Fatto che mi ha messo in contrasto con il consiglio medico, che è assolutamente reazionario.» (Guevara, La storia sta per cominciare, p. 94).
«Non so dire, neanche approssimativamente, in che momento abbandonai il ragionamento per abbracciare qualcosa di simile a una fede, perché il cammino è stato piuttosto lungo e tormentato.» (Guevara, La storia sta per cominciare, p. 89).
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