Testi analizzati > Elianto > Intervista all'autore
  1. In Elianto viene descritta una società dominata da politicanti corrotti, senza scrupoli, disposti a tutto per ottenere il potere, con un evidente rimando all’Italia appena uscita dallo scandalo di “mani pulite”. A più di 20 anni di distanza dalla pubblicazione del libro, ritiene che le cose siano cambiate? Vede un qualche spiraglio nella “nuova” classe politica?

    Assolutamente no. Vedo cose buone, ma tutte fuori dalla cosiddetta “politica” parlamentare-mediatica.

  2. A “Mummulloni non c’è mai un cellulare che suona, rumore di macchine non sentirai”, “nessuno ti rompe i coglioni”, “non ci sono televisioni”. E’ questa la sua società ideale/utopica?

    Per le mie vacanze, sì.

  3.  Nell’apparente lieto fine, il collasso del “Zentrum” e dell’annesso sistema politico in realtà genera un sistema riciclato, mutato nella forma ma identico a quello precedente nella sostanza, non c’è vera rottura. Questa percezione di incapacità di cambiare da parte della società, si è forse acuita oggi?

    Certo. La società non cambia, perché è dominata dalla tecnologia, e la tecnologia non vuole veri cambiamenti, ma solo perfezionamenti dei suoi modelli.

  4. Alla luce dell’attuale profonda crisi economica mondiale, come giudica il fenomeno della globalizzazione?

    Dal punto di vista economico, non ha funzionato. La finanza globale ha creato la più grossa crisi degli ultimi cento anni.

  5.  Nel romanzo la televisione viene descritta in termini inquietanti, come strumento di massificazione e di controllo. Ritiene reale il rischio di un Grande Fratello alla Orwell?

    Siamo già andati molto oltre la pur fertile immaginazione di Orwell.

  6. “Fido PassPass” apre ogni telegiornale con lo slogan “Siate maggioranza!”. George Orwell in “1984” parla di “think majority”. Quale relazione intercorre tra i due romanzi?

    Non mi sono ispirato a Orwell, piuttosto al romanzo fantastico ottocentesco e novecentesco. Ma se qualche lettore  trova somiglianze col Grande Fratello, è un suo diritto.

  7. In un’intervista del 2003, lei sosteneva di avere le idee confuse riguardo ad Internet, pur riconoscendogli il merito di aver “abbassato del 15% gli spettatori televisivi”. Oggi si è fatto un’idea più precisa di questo nuovo medium?

    Non tanto. Ritengo che abbia portato molte cose buone e molte altre orribili. Ci vogliono tantissimi anni per giudicare un’invenzione e ce ne vorranno molti per capire cos’è stata veramente la “rivoluzione” di Internet.

  8.   Riguardo il “Zentrum”, lei scrive che “è stato programmato nei velenosi anni novanta dai logici del Gangster, e ne perpetua le idee dopo la sua morte violenta”. Il Gangster in questione, si riferisce forse a qualcuno che all’epoca era da poco “sceso in campo”? Se sì, la sua morte violenta era un augurio, una previsione o pura invenzione letteraria?

    Il gangster è ovviamente Berlusconi. In quanto alla sua morte violenta, come dice Baudelaire lo scrittore “Inventa patiboli mentre fuma la pipa”. Non voglio la morte di nessuno, ma i romanzi sono visioni, qualche volta scomode premonizioni.

  9. Ermete Trismegisto rivolgendosi ai diavoli afferma: “estremisti, voi come lui”. Qual è il suo rapporto con la religiosità? Cosa ritiene ci sia dopo la morte? Il famigerato “ingorgo”?

    Dopo la morte c’è il mistero, e basta. Poi, accettato il mistero, possiamo inventarci tutti i paradisi e gli inferni che vogliamo.

  10. Il suo stile è inconfondibile così pure come il suo vocabolario. Si può addirittura parlare di una vera e propria “benni-lingua”, tanti sono i suoi neologismi e giochi di parole. Dove trova ispirazione? Non teme di appesantire la lettura con un eccesso di effetti linguistici?

    Sono metà nordico e metà del sud, parlo tre dialetti, ho studiato greco e latino, ho vissuto all’estero.
    Perché rinunciare a tutte le ricchezze della lingua italiana, e del suo incontro con altre lingue?
    Il rischio di appesantire c’è sempre, ma è sempre meglio del rischio di semplificare o di scrivere in “italiano tradotto dall’americano” o  negli stereotipi dei peggiori giallisti.