1° BRANO:

Giorgio Pasquali
Il ruolo del tirocinio negli studi universitari

L’istituzione dell’esame di Stato riuscirebbe nociva, anzi funesta agli intenti professionali, se servisse di pretesto ad abolire il tirocinio, anche in quei pochi casi in cui la legge già ora lo esige, nelle professioni giuridiche e in farmacia.

Qualunque esame sostenuto alla fine di studî universitarî, per quanto condotto con la massima abilità e perspicacia, non può fornir testimonianza se non di preparazione dottrinale, sia pure ben digerita sì da diventare abito mentale duraturo e indelebile, e di attitudini; cioè, tutt’insieme, non può accertare se non potenza. Ma questa, nel passare in atto, può essere sminuita e dare frutti minori di quel che da essa si avrebbe avuto diritto di attendere, per es., per difetti di carattere che nessun esame può rivelare: un candidato, pigro o timido, può posseder giusto tanta forza di volontà quanta gli basti a vincersi una volta tanto, quella da cui sa dipendere il proprio avvenire, e poi, appena tornato in condizioni di vita più consuete, più normali, ricader in quegli stessi difetti per non liberarsene mai più. S’incontrano spesso intelligenze capaci di uno sforzo, ma che quest’unico sforzo esaurisce per lungo tempo o per tutta la vita; vi sono giovani che non saranno più mai quali furono all’Università o quali parvero rivelarsi all’esame.

Organismi troppo delicati sono, talvolta presto, prestissimo, assaliti dal tedio dell’occupazione quotidiana, che si erano liberamente scelta e avevano agognata.
Un tirocinio professionale abbastanza lungo gioverà, credo, in qualche misura (perché chi può immaginare che una riforma di esami o di preparazione professionale significhi una instauratio ab imis fundamentis?), gioverà a mettere in luce questi difetti o..., al contrario, a ritardarne l’apparizione, che sarà già un bel guadagno. Io credo che il tirocinio professionale debba essere mantenuto dove già la legge lo esige; reso più serio dov’è degenerato in turpe beffa; istituito dove manca.

Può esser dubbio se sia necessario là dove gli ultimi anni di studî universitarî sono in un certo senso applicazione pratica, quantunque dei medici novellini corra comunemente la voce che essi facciano il loro tirocinio a spese dei poveri malati, e nessuno proponga volentieri di edificare una casa a un ingegnere sfornato di fresco.
Quanto ai laureati che si dànno all’insegnamento delle lettere, io credo di poter dire con certa competenza che un tirocinio pratico è affatto necessario. Sui modi di questo tratto più sotto nell’Appendice intorno agli studî di lettere, come il Calamandrei in quella sulla Facoltà giuridica discute del tirocinio forense più largamente di quel che già abbia fatto nel suo libro. E vogliano gli dèi che si trovino presto specialisti, i quali estendano le nostre ricerche ai medici, agli ingegneri, agl’insegnanti di matematiche e di scienze, cosicché questo libro, che viene in luce quasi un mozzicone, acquisti quella organicità che gli manca ancora dopo la nascita, e cessi una buona volta di apparire, per difetto di membra, mostruoso.
Alle disquisizioni particolari del Calamandrei e mie e dei futuri collaboratori, se questi si paleseranno, va riservato anche l’indagare se il periodo di tirocinio debba essere conchiuso per determinate professioni e fini determinati da un secondo esperimento: noi abbiamo asserito l’unicità dell’esame di Stato, solo in quanto esso tira la somma degli anni d’Università per rispetto della preparazione più strettamente professionale.

E nelle appendici speciali è anche il luogo di chiedere, se lo Stato, poiché regola esso gli esami sì da ottenere un giudizio comparativo, quanto più possibile equo e uniforme, su tutti i candidati alle varie professioni, cioè una classificazione di essi, non opererebbe più economicamente, fondandosi almeno prevalentemente su di esso per ammettere gli aspiranti, dopo il tirocinio generale o dopo uno speciale, ai proprî ufficî nei varî ministeri e nelle varie amministrazioni, nella magistratura, nell’insegnamento medio; in altre parole, se l’esame di Stato, congiunto con il tirocinio, non possa risparmiare o almeno render più brevi e più spicci alcuni degli uggiosi, dispendiosi per numero e per durata infiniti concorsi, la cui frequenza, importanza e, direi quasi, centralità nella vita italiana stupisce e sbigottisce ogni straniero, e più i più intelligenti.