Storia del Parco di Pinocchio
Il Parco di Pinocchio sorge a Collodi, ai piedi dell’ l'antico villaggio rimasto intatto nei secoli, una cascata di case che termina a ridosso della Villa Garzoni e del suo monumentale Giardino, dove nacque la madre di Carlo Lorenzini e lo scrittore trascorse l'infanzia presso i nonni Orzali. Il Parco non è il consueto luogo di divertimenti come ci si potrebbe aspettare, ma la suggestiva e preziosa opera collettiva di grandi artisti, dove si ripercorre una fiaba che vive grazie al confronto tra l'immaginario espresso nel linguaggio simbolico dell'arte e l'immaginario personale del visitatore. Il divertimento che ne scaturisce è spontaneo e naturale, grazie alla bellezza dell'arte e dell'ambiente. L'idea di complesso monumentale fu, nel 1951, del Sindaco di Pescia, il Professor Rolando Anzilotti, che costituì il comitato per il Monumento a Pinocchio ed invitò i maggiori artisti a concorso. Ottantaquattro gli scultori che risposero: vincitori ex aequo furono Emilio Greco con Pinocchio e la Fata e Venturino Venturini con la Piazzetta dei Mosaici. Nel 1956 si inaugurarono il celebre gruppo bronzeo, che raffigura simbolicamente la metamorfosi di Pinocchio, e gli straordinari mosaici con i principali episodi delle Avventure, in uno spazio progettato da architetti Renato Baldi e Lionello De Luigi. Nel 1963 venne l'Osteria del Gambero Rosso, che ospita l'omonimo ristorante, opera di Giovanni Michelucci, le cui rosse campate richiamano le chele di un gambero: nel 1972 il Parco si ampliò con il Paese dei Balocchi, percorso fantastico attraverso oltre un ettaro di macchia mediterranea progettata da Pietro Porcinai per ventuno sculture in bronzo e acciaio di Pietro Consagra e costruzioni di Marco Zanuso, che evocano l'intreccio delle Avventure. Infine nel 1987, si aggiunse il "Laboratorio delle Parole e delle Figure", progettato e realizzato da Carlo Anzilotti su un'idea di Giovanni Michelucci.
Carlo Collodi: lo pseudonimo di Carlo Lorenzini
Carlo Collodi è lo pseudonimo più noto di Carlo Lorenzini, fiorentino (1826-1890), giornalista e scrittore. Formatosi in scuole religiose, iniziò ventenne la carriera scrivendo recensioni per il catalogo di una grande libreria fiorentina, e subito dopo per l'importante periodico specializzato “L'Italia Musicale”. Come giornalista divenne famoso in breve tempo, e collaborò a testate in tutta Italia; ne fondò e diresse lui stesso alcune, come “Il Lampione”, chiuso dalla censura nel 1848 e riaperto, con tenacia, 11 anni dopo, in occasione del plebiscito sull'annessione al Piemonte. Volontario nelle Guerre d'Indipendenza del '48 e del '60, dagli anni '50 si impegnò anche come scrittore e commediografo. Dal 1856 usò anche lo pseudonimo Carlo Collodi, con cui firmò le opere degli anni '70 e '80: a Collodi, il paese tra Lucca e Pistoia dove era nata e vissuta da ragazza la madre Angela Orzali, Carlo aveva soggiornato da bambino. Il primo libro per bambini è del 1876: I racconti delle fate, splendide traduzioni di fiabe francesi. Poi, una serie di testi scolastici lo rese un benemerito dell'istruzione pubblica nell'Italia appena unita: Giannettino, Minuzzolo ed altri, nei quali la narrazione si fonde alle nozioni. Nel 1881, sul numero iniziale del “Giornale per i bambini” (pioniere dei periodici italiani per ragazzi), uscì la prima puntata de Le avventure di Pinocchio, con il titolo Storia di un burattino. Vi pubblicò poi altri racconti (raccolti in Storie allegre, 1887), tra cui Pipì, o lo scimmiottino color di rosa, una sorta di continuazione autoironica del Pinocchio. Lorenzini morì improvvisamente nel 1890 a Firenze e lì è sepolto, nel Cimitero Monumentale di San Miniato al Monte. Le sue carte, selezionate e donate dalla famiglia, si trovano alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Un parco d'arte per un libro
Sono passati oltre 50 anni da quando il Comitato per il Monumento a Pinocchio presentò pubblicamente il primo risultato di un intenso biennio d'attività: la mostra che riuniva nel convento di San Michele a Pescia gli 86 bozzetti presentati da 84 concorrenti che avevano risposto al bando lanciato dal Comitato nella primavera precedente. Una ricerca su quel concorso, su quella decisione che ha portato alla realizzazione del Parco di Pinocchio (visitato ad oggi da oltre sette milioni di persone da ogni parte d'Italia e del mondo), ha di certo una grande importanza anche per illuminare certi aspetti dell'attività e del dibattito nel mondo dell'arte italiana degli anni 1950, come pure il clima politico del tempo. Tuttavia, il punto focale verso cui mosse l'azione del Comitato per il Monumento a Pinocchio non era prevalentemente artistico, né tanto meno politico: era uno scopo più vastamente culturale, pedagogico, che intendeva affidare all'arte non tanto la rievocazione della storia di Pinocchio, ma un autonomo messaggio: l'incoraggiamento, lo stimolo a scoprire o riscoprire la grande letteratura, nata per i ragazzi, e i suoi valori. Il Comitato era composto da eminenti personalità del mondo degli studi e dell'arte, i quali ne determinarono ogni decisione e scelta, animati da intenti e visioni di natura culturale che per ampiezza e profondità andavano ben oltre la contingente situazione italiana e locale dell'epoca. Come dimostra del resto la longevità e la capacità di svilupparsi e rigenerarsi, pur nella fedeltà a se stessi, che il Parco di Pinocchio e la Fondazione Collodi hanno dimostrato in tutta la loro storia successiva.