Capitolo 9 - PINOCCHIO VENDE L’ABBECEDARIO PER ANDARE A VEDERE IL TEATRINO DEI BURATTINI
Smesso che fu di nevicare, Pinocchio col suo bravo Abbecedario nuovo sotto il braccio, prese la strada che menava alla scuola: e strada facendo, fantasticava nel suo cervellino mille ragionamenti e mille castelli in aria, uno più bello dell’altro. E discorrendo da sé solo diceva:
– Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere: domani poi imparerò a scrivere e domani l’altro imparerò a fare i numeri. Poi, colla mia abilità, guadagnerò molti quattrini e coi primi quattrini che mi verranno in tasca, voglio subito fare al mio babbo una bella casacca di panno.
Mentre tutto commosso diceva così gli parve di sentire in lontananza una musica di pifferi e di colpi di grancassa: pì-pì-pì, pì-pì-pì zum, zum, zum, zum. Si fermò e stette in ascolto. Quei suoni venivano di fondo a una lunghissima strada traversa, che conduceva a un piccolo paesetto fabbricato sulla spiaggia del mare.
– Che cosa sia questa musica? Peccato che io debba andare a scuola, se no...
E rimase lì perplesso. A ogni modo, bisognava prendere una risoluzione: o a scuola, o a sentire i pifferi.
– Oggi anderò a sentire i pifferi, e domani a scuola: per andare a scuola c’è sempre tempo.
Pinocchio, arrivato in una piazza con molta gente chiese ad un ragazzo a lui vicino, come mai tanta gente davanti a un capannone e dato che non sapeva leggere, chiese cosa ci fosse scritto sull’insegna.
– Allora te lo leggerò io. Sappi dunque che in quel cartello a lettere rosse come il fuoco c’è scritto: GRAN TEATRO DEI BURATTINI...
Pinocchio, che aveva addosso la febbre della curiosità ma neanche un soldo , perse ogni ritegno, e disse senza vergognarsi al ragazzetto, col quale parlava:
– Mi daresti quattro soldi fino a domani?
Pinocchio offrì tutto quel che aveva indosso per ottenere qualche soldo ma non avendo niente di valore alla fine offrì il suo abbecedario.
– Io sono un ragazzo, e non compro nulla dai ragazzi, – gli rispose il suo piccolo interlocutore, che aveva molto più giudizio di lui.
– Per quattro soldi l’Abbecedario lo prendo io, – gridò un rivenditore di panni usati, che s’era trovato presente alla conversazione.
E il libro fu venduto lì sui due piedi. E pensare che quel pover’uomo di Geppetto era rimasto a casa, a tremare dal freddo in maniche di camicia, per comprare l’Abbecedario al figliuolo!