Reduce di guerra, cambiò la vita dei compagni. Tra i quali Graves e Tolkien. Saghe. Il rientro all’università del condottiero del deserto: Wu Ming 4 ne reinventa i giorni e gli incontri di Ranieri Polese Il protagonista è lui, Thomas Edward Lawrence, secondo dei cinque figli di Thomas R. T. Chapman e di Sarah Junner, più conosciuto con il nome di Lawrence d’ Arabia, che tutti ormai associano all’ immagine di Peter O’ Toole nel film (1962) di David Lean. Il romanzo (Stella del mattino di Wu Ming 4, Einaudi Stile Libero, pagine 391, 16,80) ce lo presenta all’ indomani del 1918. Deluso e ferito da come i potenti riuniti al tavolo della pace a Versailles hanno ignorato le richieste degli arabi, il condottiero della «rivolta del deserto» è tornato a Oxford, nell’università in cui si era laureato in archeologia. Ha ottenuto una borsa di studio per scrivere le sue memorie, ma ad apertura di libro lo vediamo disperato e confuso: ha lasciato il manoscritto nella stazione di Reading e non sa come fare a riscrivere tutto.Negli stessi anni, negli stessi luoghi c’è un gran viavai di giovani scrittori scampati ai massacri delle trincee francesi e variamente destinati a grandi successi: J. R. R. Tolkien, che dagli studi di filologia anglosassone già evade verso le storie della Terra di Mezzo; Robert Graves, uno dei grandi poeti di guerra (insieme con Siegfried Sassoon e Wilfred Owen), incerto tra l’ insegnamento e i progetti di scrittura (le grandi biografie come Io, Claudio, o i miti dell’ età classica) che gli regaleranno fama e fortuna; C. S. Lewis, futuro autore delle Cronache di Narnia. Le vite di questi letterati saranno segnate dall’ incontro con Lawrence: soprattutto quella di Graves, che legge in anteprima I sette pilastri della saggezza e più tardi scriverà una biografia del leggendario colonnello. Ma anche gli altri, affascinati da quel guerriero che somiglia ad Achille (o invece invidiosi della sua celebrità: C. S. Lewis va in cerca delle menzogne di Lawrence, per esempio scoprendo che è il figlio di una coppia mai sposata, dato che il padre era fuggito dall’Irlanda con la governante della moglie), troveranno in quella vicinanza la spinta per dare una svolta decisiva alle loro esistenze. Se l’amicizia di Graves con Lawrence è documentata, il resto è opera di fantasia. Perché, tiene a precisare l’autore Wu Ming 4, questo Stella del mattino è un romanzo. E nei romanzi è lecito «colmare alcuni buchi», inventare incontri, adattare a scopi letterari gli eventi storici. Tutti i personaggi, comunque, traggono spunto da questi veri o immaginari incontri per progettare nuove opere di scrittura. Sperimentando - è sempre l’ autore che lo dice - «il valore terapeutico della scrittura». Anche C.S. Lewis, il più antipatico (da bravo tolkieniano, Wu Ming 4 - uno dei cinque ragazzi bolognesi del collettivo di scrittura che già ha prodotto libri come Q, 54, Manituana, ma stavolta scrive da solo - non può non detestare Lewis, accusato da sempre di aver «rubato» le storie della Terra di Mezzo che Tolkien leggeva agli amici prima di pubblicarle), trova una sua assoluzione. La maggior simpatia va comunque a T. E. Lawrence, l’eroe tormentato che continua a ricordare i momenti di gloria vissuti nei deserti del Medio Oriente e intanto cerca di stordirsi con pericolosi rapporti a pagamento con uomini da cui si fa fustigare. Sulla valutazione della figura di Lawrence, del resto, Wu Ming 4 ha aperto una polemica contro quanti continuano a ritenerlo uno sbruffone, una leggenda posticcia e fasulla, invitando a documentarsi sulle nuove ricerche uscite recentemente in Inghilterra. Nessun cenno, poi, alla presunta ammirazione di Lawrence per Hitler, del resto smentita ormai da molti studiosi. Ma tutto il romanzo Stella del mattino, efficace ricostruzione di quella Oxford inquieta e carica di presagi, diventa anche l’ occasione per una riflessione sulla narrativa. Quella che, sul sito dei cinque bolognesi (www.wumingfoundation.com), parallelamente ha prodotto un corposo saggio dal titolo New Italian Epic, il cui sottotitolo recita: Memorandum 1993-2008: narrativa, sguardo obliquo, ritorno al futuro. Dalle cui complesse e intelligenti pagine esce forte la convinzione che la nuova forma di scrittura degli italiani dell’ultimo quindicennio, tra ricostruzioni storiche o fughe nel futuro remoto, tra la cronaca di Saviano, le allegorie di Genna, i romanzi criminali di De Cataldo, sia «epica». Che poi, sostengono, è l’ unico modo possibile per raccontare il presente. Recensione pubblicata sul Corriere della sera il 12 giugno 2008. In ritardo: chi è stato alle presentazioni del libro a Roma ha potuto vedere che SDM in effetti ha toccato corde diverse in ognuno, e ad ognuno ha fatto piacere ritrovare pezzetti di sé e dei propri sogni. Ad occhi aperti. Immagino che questo succederà anche alle prossime presentazioni. Decisamente utili. Grazie a Monica e Loredana per aver aperto le danze. Spero che le domande e le risposte che si sono sviluppate attorno al concetto di New Italian Epic facciano proseguire lo scambio di idee molto a lungo. Grazie, ma 2 presentazioni in un giorno, faticoso eh? Va bene proseguire il discorso, ma come? Nel frattempo, hai mai letto la traduzione della dedica dei Sette Pilastri fatta da Cristina Campo in “La tigre assenza” (Adelphi se non sbaglio)? No, quella no. Ne ho lette altre. Poi ho trovato la versione originale pre-trattamento di Graves e ho preferito mettere quella, incrociando una traduzione esistente con spunti personali. A Roma è sono stati due giorni stancanti, ma ne è valsa la pena. Se ti vengono in mente altri spunti o testi da suggerirmi, mandameli, per favore. A presto. aspetto con impazienza di incontrarti a milano. ciao. L’accenno a Lawrence che “cerca di stordirsi con pericolosi rapporti a pagamento con uomini da cui si fa fustigare” mi fa pensare ad un livello di lettura di SDM di cui mi parlava WM4 durante una presentazione di Manituana a Brescia: quello dell’omosessualità di guerra (e di boarding school). Curioso che questi pericolosi rapporti di cui parla Polese si chiamino proprio “Vice Anglais”. Ricordo un pomeriggio ad Ascot, al matrimonio di un mio cugino, quando durante il discorso del prete vidi mio zio Michael allontanarsi in modo parecchio brusco dall’allegro convito: quando gli chiesi quale fosse il problema mi rispose che il prete era uno dei più sadici bastardi che si divertiva a infliggere punizioni corporali agli alunni della sua boarding school. Le punizioni e i “fags” (le corvée assegnate dagli studenti più grandi alle matricole, da cui il termine “faggot”) a volte hanno generato rabbia ceca, come in mio zio, altre volte quella specie di connivenza morbosa che è alla base di molta omosessualità di scuola in Inghilterra. Ho sempre pensato che non si trattasse di una scelta libera, di una omosessualità non sana (contrapposta a quella sana e naturale, di chi sa chi è e sceglie cosa fare). Ho trovato la stessa opinione in Brideshead Revisited, uno dei più bei libri di Evelyn Waugh, messa in bocca ad una signora che dice più o meno: “So di queste vostre amicizie maschili “particolari”, ma in genere i ragazzi inglesi tendono a uscirne dopo la scuola. Credo che questo genere di morbosità proliferi in ambienti quali il clero, le scuole maschili, la guerra, il carcere. Ambienti dove uno non può scegliere liberamente da che parte stare. O forse è la “difficoltà” dell’ambiente che fa emergere delle pulsioni altrimenti nascoste? Argomento difficile, in effetti: non so mai se sono obiettivo o quanto rimasuglio di cultura cattolica stia facendo capolino, a distorcere il mio giudizio, è che non mi pare molto bello che uno senta il bisogno di farsi frustare per rilassarsi un po’. Che ne pensate? Argomento difficilissimo, su cui esiste sicuramente molta letteratura. Posso dirti che Robert Graves nella sua autobiografia sostiene la tua tesi. Dice in sostanza che l’intero sistema scolastico ed educativo inglese portava all’omosessualità. Se da ragazzo volevi amare qualcuno era ben difficile riuscire ad amare una ragazza. Non solo l’intera età puberale e adolescenziale veniva trascorsa in compagnie esclusivamente maschili, ma le ragazze erano bestie rare, segregate altrove, mostrate ogni tanto, ultrarepresse, e soprattutto stigmatizzate come intellettualmente e ontologicamente inferiori ai maschi. Anche volendo era una gara dura. Assai più facile era che le pulsioni sessuali trovassero realizzazione nel rapporto tra giovani scolari, che convivevano e condividevano tutto, non da ultima la consapevolezza di appartenere a una elite sociale. C.S. Lewis racconta che l’omosessualità era una delle pose più trendy nella sua scuola, non essere gay significava essere degli sfigati. Il “wildismo” andava per la maggiore. C’erano addirittura dei ruoli ben precisi, ovvero esistevano i leader, le personalità dominanti, e i loro partner. Essere il partner di uno dei boss significava acquisire considerazione e potersela tirare un sacco. Si può dire che la guerra che li aspettava all’uscita da scuola sublimò tutto questo, con l’omoerotismo di guerra, l’amore tra opliti. In fondo i testi classici di cui quei ragazzi si erano strafogati sui banchi scolastici avevano per protagonisti degli amanti guerrieri che rischiavano la vita l’uno per l’altro: Achille e Patroclo, Eurialo e Niso, etc. La faccenda del masochismo c’entra solo nella misura in cui - almeno nel caso di Lawrence - aveva a che fare con la cultura sessuofobica e repressiva vittoriana, con i “mostri” che è riuscita a partorire. Nel mio romanzo non ho affrontato a fondo la faccenda, ma ti assicuro che quell’uomo era bello contorto e incasinato. Sono stati davvero rari i momenti nella vita in cui è riuscito a “rilassarsi un po’”. Bene, non poteva non venir fuori! Ok, tutto vero. Dal ’69 in poi non se ne può più fare a meno, solo che i riferimenti a questo aspetto della vita di Lawrence, il masochismo, non riescono (ovviamente) a sfuggire al luogo comune. E’ scontato, anche perché i fatti stanno lì, non alludono. P.Knightley e C.Simpson ci hanno scritto un libro - la biografia ufficiale di J.Wilson ammette - J.E.Mack spiega e giustifica. Lawrence appartiene storicamente ad un’epoca e ad un’Inghilterra che lui non poteva oltrepassare, ma aveva una mente estremamente abile, ed era allenato ad utilizzarla in maniera eccellente, la usava per scrivere e la usava per affabulare gli interlocutori. Aveva inoltre una apertura mentale notevole, e capacità di introspezione. Una intelligenza creativa che volava alto, che aveva tutti gli strumenti per farlo. Quindi aveva un potere, ben preciso, aveva la libertà di fare con questo strumento praticamente qualunque cosa - soprattutto ‘salvarsi la pelle’. Mi chiedo se anche questa faccenda non riveli quanto di quel personaggio, e in quale misura, oggi ci appartiene. Quando una personalità così complessa diventa storia, mito, occorre avvicinarsi in punta di piedi, con cautela, per non rompere il discusso frammento di uno specchio che rimanda anche la nostra immagine. Per non perdere, quando forse si ripresenterà, quello che non vediamo ora. Quindi, “handle with care”. P.S. Non mi rendo mai conto abbastanza di quanto le informazioni si mescolino con effetti sorprendenti: su un sito della cittadina di Moreton c’era scritto che TEL andò ad abitare a Clouds Hill con il suo segretario (o segretaria?!) Ciao Paola Sono d’accordo con te, e mi è sembrata una scelta sensata quella di WM 4 di non calcare troppo la mano su questo aspetto della vicenda: si sarebbe rischiato di sconfinare nelle solite storielle stucchevoli alla Maurice (con tutto il rispetto per Ivory, il film mi aveva annoiato parecchio). Ne parlavo perchè, come tu stessa scrivi, è un aspetto piuttosto evidente dei rapporti che legano alcuni dei personaggi, forse addirittura imprescindibile per comprendere appieno la vicenda e il contesto storico. To be handled with care, definitely. Hai detto altri ‘spunti o testi’? Ma le biografie , i saggi, ecc. sono tantissimi. E c’è tutto, analizzato fino allo spasimo, ma sono percorsi altrui. Percorsi in cui non so se ci sono i raffreddori di “squeak” o i cani dei Sydney Smith. Non ho mai letto solo le biografie, mi sono sempre serviti i riferimenti reali, le lettere, i libri e i luoghi. E William Morris, la Morte d’Arthur, le Crociate, Forster, Elgar - non finisce qui, è una bella ragnatela, attuale, che coinvolge il nostro modo di essere, adesso. Mi sembra che sul sito di SDM gli interventi stiano comunque allargando il giro, è molto interessante, anche per le prossime presentazioni del libro. Ma sinceramente non so dove sei e dove vuoi andare tu. C’è sul web l’elenco dei testi presenti (http://telawrence.net/telawrencenet/contents_lists/titles_recipients/s.htm) a Cloud’s Hill, ci sono delle lettere a Claire S.S., e a un sacco di altri. Qualcosa su “The Journal of the T.E.L. Society” (in genere semestrale), li puoi leggere? Io ho i numeri dal ’94 al 2000, sono contributi vari, alcuni aspetti sono più o meno interessanti: “Joseph Conrad and T.E.L.”, ”Lawrence the Listener” , “Lawrence Political Outlook”, “The Oxford of T.E.L.” , “T.E.L. and Elgar’s Third Symphony”, e soprattutto “Felix Culpa” di Victoria Ocampo, una quindicina di pagine scritte nel ’55 per l’uscita di “The Mint” , molto equilibrate. Poi la T.E.L. Society Newsletter, dal 1993 al 2000, dove c’è anche il racconto di un tipo che qualche anno fa è riuscito a farsi ospitare per qualche settimana al n. 2 di Polstead road. Amen. Grazie per il commento Jet Set Roger, siamo d’accordo. ciao, sono andrea, lo stroncatore gentile di sdm…ho saputo che presenterai il libro a milano…farò di tutto per esserci, portandomi con me le spiegazioni scritte delle mie perplessità e molto incuriosito da come verrà presentato il libro. (non amando particolarmente presentazioni del libro e scrittori che parlano dei propri e altrui libri). ciao andrea Ma scusa, Andrea, se le hai scritte perché non riportarle qui? Un conto sarebbe se, per motivi tuoi, tu volessi farle solo a voce, de visu, approfittando del primo incontro utile, ma siccome: - le hai anticipate in modo vago qui sul blog, poi - sempre qui sul blog hai annunciato che le avresti approfondite, e infine - sono pure in forma scritta, e siccome - questo spazio esiste proprio per il confronto scrittore-lettore, insomma, non capisco bene la mossa. Chi legge questo blog e ha letto i tuoi precedenti annunci, avrà ben diritto di leggere anche le critiche. Insomma, hai scritto che il romanzo per te è stata una grande delusione, poi hai aggiunto che avresti spiegato il perché. Siamo tutti orecchie. Sì, Andrea, anche a me farebbe piacere che riportassi le tue osservazioni critiche qui sul blog. Soprattutto perché molti dei partecipanti a questa discussione non saranno presenti alla Feltrinelli di Milano. Comunque ci si vede là, dove spero non ti annoierai troppo, vista la tua dichiarata antipatia per le presentazioni di libri. sì, avete ragione, il problema è che ho difficoltà nel connettermi (non ho internet, uso connessione altrui e oggi son stato davvero fortunato…) e poco tempo. e soprattutto non scrivo su pc. sì, sono uno di quei giovani vecchi rompicoglioni che scrive ancora a penna tutti gli interventi e poi li deve riscrivere a computer. quindi un processo abbastanza complicato e lungo. e se posso evitarlo, lo faccio accuratamente. per milano, ci spero, visto che devo fare conti per benzina+ altro. visto che sono quasi a secco. comunque se vengo, vi consegnerò le cose, sempre se non riesco a metterle prima. sperando sempre di non addormentarmi durante la presentazione, visto il luogo abbastanza ameno…e con un odiosissimo bar…se è la feltrinelli che penso io. ciao andrea A me invece piacciono le presentazioni dei libri! Quando la presentazione di SDM a Milano? Non ditemi che l’avete già fatta… Bè, c’è stata ieri, è proprio di quella che stavamo parlando qui fino a ieri l’altro…