Whiskey Jam (Nostalgia di California e poveri idioti). Allora Flamio, visto che nessuno ancora si azzarda, provo io a fare un commento al tuo testo. Sono la meno adatta, come età e come cognizioni musicali (sono rimasta a i Platters!) Il racconto mi affascina per la sua giovanile aggressività e soprattutto per il linguaggio che io trovo molto musicale. Mi spiego: tu hai un buon orecchio, se nel testo inserisci delle forme romane, tutto il ritmo è dato dal tuo impostare le frasi all'americana. Dirò un'eresia: mi hai fatto pensare a Vittorini, che peraltro è stato uno splendido traduttore di americana e nella sua prosa, anche in Sicilia, americaneggiava molto. Si potrebbe citare l'Hornby di Alta Fedeltà, in una Roma che certo non evoca Londra, ma le piacerebbe... Sono andata a leggere anche gli altri tuoi racconti. Colpiscono e ricordano sempre qualcosa o qualcun altro. Ma questo secondo me non è un difetto perché non sono racconti di 'genere'. Dentro c'è molto di più. Adesso a me non va di fare le pulci all'ortografia ed alla sintassi. Lo trovo inutile: di solito si tratta di sviste. Basta rileggersi e si può sempre correggere. Mi piace in ogni caso il tuo toccare nei tuoi racconti temi così diversi. Se stai cercando una strada, insisti perchè sei su quella buona. Bevendo con il diavolo. Hi Gab, che racconto... infernale. Nel senso che con stò caldo è l'ultima cosa che avrei voluto leggere. Non intendo dire che non mi sia piaciuto, ma che le atmosfere che evochi mi hanno fatto sudare come una beshtia, sotto questi quaranta gradi capitolini. Comunque, in serietà: il testo non viaggia a velocità siderali e visto il contenuto, non proprio scanzonato, mi sembra una scelta azzeccata. Insomma, claustrofobico e diabolico vanno bene secondo me. Io personalmente avrei evitato alcuni stereotipi che fanno un pò Ann (Anne, come si scrive? boh) Rice, il che non è necessariamente un complimento, detto da me. Poi ho trovato stancanti e poco orecchiabili diverse ripetizioni. Nel complesso pollice alzato, ma con i già citati appunti. Però, ti prego, almeno fino a Settembre, solo racconti che riguardano il Polo Nord. La campagna. Questo racconto non è scritto male, lo stile è scorrevole. Ma manca di alcune cose fondamentali: io credo che se in un racconto la trama non è molto articolata (ed è questo il caso) quello che debba colpire il lettore siano le immagini e le emozioni. Il problema è che forse dovevi soffermarti un po' più su queste cose, ad esempio nelle fasi iniziali, magari associare al ricordo un aneddoto o chissà che cosa. E' come se avessi avuto fretta di arrivare alla conclusione; ed è un peccato perchè nella sua semplicità l'idea di fondo di questo racconto è molto suggestiva. In ogni caso mi prometto di rileggerlo, forse sono stato io ad andar troppo di corsa.... Hai perfettamente ragione. ho sempre fretta di arrivare alla fine. Direi che parto da quella! Questo è uno dei primi racconti che ho scritto, nasce da un senso di ribellione che ho provato tentando di rileggere Proust. Lo so che dico un'eresia, ma, ormai da anni abituata agli americani, mi sono stizzita a non riuscire ad apprezzarlo come dovevo. Ho dei grandi limiti , purtroppo e non me ne vanto. Non so se avrò le capacità di migliorare. Prendilo, se puoi, come un flash, un'idea suggerita, anche nei particolari che per ora, in quello che scrivo, preferisco solo accennare... Anche io credo che il racconto sia scritto molto bene. A parte qualche "limatina" qui e là (tipo "botto"... non mi sembra un termine molto adatto da usare nella lingua scritta). Sicuramente devi rafforzare un pò di più le emozioni che accompagnano il protagonista nella sua ricerca del verde... E poi, scusa, ma un appunto meramente tecnico. Si trova a 2 km dall'ultima casa, quindi si presuppone sia in aperta campagna. Quest'uomo si è fatto due ore di macchina per vedere la campagna e non c'è neanche una parola sul paesaggio, sugli alberi, sul verde, sull'erba.. niente! L'unica considerazione che fa è che la macchina fuma e deve andare a piedi, e che non ha un cellulare. Rimpingua un pò la polpa di queste descrizioni, ancorando il batticuore e l'emozione (positiva o negativa) dell'uomo, il rimpianto o la frustazione, o il sollievo di essere di nuovo lì. Il finale è molto bello. Bravo! Come ti ho già detto per il racconto precedente, mi piace questa idea del "racconto lampo", davvero! Però la tua scrittura sinceramente a mio avviso presenta molte lacune. Sono d'accordo con ti ha fatto notare che forse una maggiore attenzione alle sensazioni ed emozioni renderebbe il tutto meno "freddo". A volte sembra quasi un resoconto impersonale, come se fosse una notizia del tg. Poi secondo me dovresti rivedere un pò la punteggiatura, troppe virgole che rallentano, soprattutto all'inizio. Occhio anche alla frase "Il movimento entrò nel suo campo visivo, si mise gli occhiali e classificò il corpo in moto come una formica." Sembra che il movimento si mise gli occhiali e classificò il corpo in moto come una formica..confusione!! Rivedrei proprio tutta la frase. Manca il punto alla fine di alcune frasi. Insomma una bella idea che però non è stata sviluppata al meglio. Ciao. Mi è piaciuta l'idea generale..e lo stile che hai usato all'inizio per parlare dell'uomo che pensa con nostalgia al suo passato, i ricordi collegati a piccole descrizioni di cose presenti..bella la frase "Forse era sparita, cambiata come lui, tanto che, persino il ricordo, non gli apparteneva più"...suggestiva la fine.. Però penso che sei stato troppo "tecnico" nel descrivere il caldo, i guasti alla macchina, la strada..o meglio, queste "notizie" non sono bilanciate dalle sensazioni, dai paesaggi, dalle atmosfere. Come ti ho detto, l'idea generale è molto buona, ma penso che in alcuni punti potresti svilupparla meglio. Mmm... mi è piaciuto meno di quello prima, che invece mi aveva proprio sorpreso. Questo sembra meno curato ed in alcuni punti mi sembra tossicchiare come la Ford, a causa di alcune terminologie che rallentano, o velocizzano improvvisamente alcune frasi che mi risultavano nel complesso ben costruite e bilanciate all'orecchio. Invece m'è piaciuto, a differenza degli altri, come incentri l'attenzione sugli avvenimenti anzichè sui pensieri (il che è strano per me), perchè la sensazione che mi hai lasciato è quella di un evento ineluttabile, si, ma che giunge come un dato dato di fatto, non come una lagnosa ultima memoria da condannato. Insomma, tutto sommato, c'è una sorta di serena arrendevolezza che m'è piaciuta. Allora sono su due fronti con due racconti e cerco di rispondere a tutti. Prima di tutto grazie perchè siete stati tutti molto gentili. Il commento generale è che do pochi particolari, ometto le descrizioni, sono fredda. La mia non è una difesa, solo un'affermazione: sono io che scelgo di scrivere così. Non partecipo: registro. Non descrivo: suggerisco. Faccio un esempio. Nella campagna non descrivo la natura alla ricerca della quale è andato il protagonista. Non lo faccio perchè non sono io che la guardo, ma lui. " ...intorno i campi erano verdi, ma lui non li guardava..." Un uomo anziano che va alla ricerca del tempo perduto si perde e incontra la morte. Tutto qui. In ogni caso sono i miei primi esperimenti in prosa. Provenendo dal sonetto sono abituata, necessariamente, alla sintesi, al ritmo ed a una certa qual musicalità. Tutto questo non basta a fare di me una scrittrice. Datemi, tempo, consigli e vedrete: potrei anche riuscire a peggiorare! Il principe che non sapeva ridere. Una fiaba graziosa, col sapore ed i colori di un cartoon della Disney, e non dei fratelli Grimm. La storia esile, come si conviene alle favole ha un lieto fine non sofferto, ottimista. Non c'era bisogno di spiegazioni finali che risultano ingenue, forse superflue. D'altra parte è la 'classica morale della favola'. Lo stile non è senza qualche esitazione, basterebbe una pulitina. Metterei quegli al posto di quelli istanti. Simpatica piccola storiella, ma con un incedere non sempre lineare. Diciamo che qui c'è del potenziale talento da raffinare, anche per il velato interesse alla psicologia dei personaggi.. Sono dell'idea che scrivere favole non è per niente facile, questa mi sembra piuttosto banale, dal finale un pò scontato e come ti han già fatto notare le ultime riflessioni sull'amore realmente non servono. Comunque, rivedi i molti errori di battitura, che sono sicura avrai notato anche tu una volla riletto il testo pubblicato, due volte usi quelli al posto di quegli. Tuttavia ci sono alcune descrizioni che non sono niente male, secondo me puoi migliorare molto, continua a scrivere! Non mi convince molto il racconto. Ben scritto, fluido, abbastanza "visivo" anche il lessico. Ma molto già sentito. Di solito si utilizzano "clichè" per insegnare qualcosa di nuovo... in questo caso, mi sembra che il clichè non porti ad altro che ad una consacrazione risentita dell'Amore. Canzoni con la rima Cuore-Amore ce ne sono fin troppe. Magari prova a lavorare sull'originalità, perchè la forma secondo me è molto buona. Nulla faceva presagire. Non male. All'inizio appare un po' "paradigmatico", complice anche il titolo, quel "nulla lasciava presagire" che prepara il lettore ad un finale se non inaspettato comunque che un po' si discosta da una chiosa banale. Nonostante ciò si lascia leggere, anche se forse periodi un po' più lunghi non avrebbero guastato. Ciao! Carino davvero, anche se è un aggettivo un pò brutto per un racconto...scusa! Mi piace la brevità con la quale sei riusciuta a svilupparlo, mi piace la storia, mi piace il tono leggero con cui è stata raccontata...l'unica critica che posso farti è un pò sulla stessa linea del commento precedente, l'inizio non è dei migliori, magari dovresti rendere la frase iniziale più "da telegiornale" farcendola un pò di più, e poi non mi convince il titolo, secondo me data la brevità del racconto si addice di più un titolo che non crei aspettative, piuttosto un bel titolo secco, d'impatto. Mio parere of course. Centrato! Io sono una neofita della scrittura. Non credo di essere particolarmente creativa. Per dare l'avvio ad una storia scelgo una frase banale. Ne ho tutto un elenco. Da quella, stravolgendola, parto in un racconto, sempre breve, brevissimo, che fuoriesce dai binari del significato abituale della frase in sé. Naturalmente la frase poi rimane come titolo, o ritorna nel finale a sorpresa. Mi rendo conto che non è un metodo ortodosso, ma è il mio limite, tutto quello che so fare per ora. Accetto volentieri suggerimenti: sono qui apposta. Se l'inizio non è dei migliori, il resto si lascia leggere con piacere. Ho apprezzato la sottile ironia, il fatto di non aver allungato troppo il brodo e aver chiuso la storia in breve tempo. Con il colpevole che come spesso avviene rimarrà impunito. Carino, ben scritto, si legge con grande facilità. Ma è stata la vecchietta a porre fine al "trapestio disperato"? Abbastanza raggelante: e così l'anima pia punisce i peccatori avvelenandoli. Complimenti. In tutta onestà non mi è piaciuto. Ma devo riconoscere che sai sviluppare in maniera limpida un intreccio, con i tempi giusti insomma. Tutto è fatto bene, ma tutto mi sembra senza pretese: mi sarebbe piaciuto leggere qualche descrizione in più, magari immaginarmeli meglio quei rumori, quelle liti. forse sono io che amo troppo i vini annacquati, ma sinceramente al posto tuo proverei a cimentarmi con qualche dettaglio in più. Non credo che tu debba violentarti e cambiare stile, ma se ci piace scrivere a volte è bello anche quando proviamo a fare qualcosa di diverso. Del resto da come scrivi si vede che le basi di un buon "senso narrativo" non ti mancano affatto. A rileggerti.... Propio bello. E, come l'altro, scritto bene. Anche io, come ti dicono altri, avrei variato un pò lo stile, tra l'inizio/fine (voce giornalistica, fredda, impersonale, televisiva) e il corpo della storia (la mente di una "religiosa" affannata all'idea di convivere con il peccato). Forse renderebbe ancora più straniante il racconto. Cambierei il titolo. Dici di partire da una frase banale, ma "Nulla lasciava presagire" a me sembra più aulica che banale, forse troppo distante rispetto sia alla storia (livello culturale dei protagonisti) che al tono leggero e scorrevole che hai utilizzato nel narrarli. Comunque brava Gloria! AH! Complimenti per la forma! M'è piaciuta davvero tanto, nella sua linearità. ad un certo punto mi è quasi parso di poter indovinare in quante parole si sarebbe svolta la frase successiva, tanto il ritmo era rispettato. Ed il fatto che tu sia riuscita in poche parole ad articolare un evento che alcuni tratterebbero in un intero libro mi fa pensare che il tuo sia talento anzichè studio, perchè la sintesi è un dono e difficilmente lo si acquisisce col tempo. Concordo però sul titolo: non mi quadra, soprattutto visto il feeling che hai con il suono delle parole. A dire il vero nemmeno il contenuto mi aggrada più di tanto, nella mia morbosità probabilmente avrei caricato ancor più la vecchia e studiato un diverso finale, ma siamo due persone distinte, quindi è semplice questione di gusto. Spero di rileggerti presto. Quello che mi lascia sbalordito è il fatto che scegli l'incipit da un elenco. Credo personalmente che l'incipit sia fondamentale. Ti faccio un esempio: "Molti anni più tardi, di fronte al plotone di esecuzione, il Colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio." Questo è l'incipit di Cent'anni di solitudine. Contiene già tutta la storia. é come se l'autore, attraverso le prime parole che ci rivolge, dimostrasse di conoscere già lo sviluppo della storia, i colpi di scena che ci saranno, come andrà a finire. D'accordo nessuno di noi due è Garcia Marquéz, ma io penso lo stesso che li dovresti scrivere tu gli incipit dei tuoi racconti. Anche se sei alle prime armi. Non sto a difendere il mio testo, dato che, mi sembra, non è lui ad essere in questione, ma il metodo. Dunque: probabilmente mi sono spiegata male. Sono una 'scrittrice' in erba e per inventarmi una storia ho bisogno di un imput. L'elenco che ho sono tutte frasi banali, usate normalmente, spesso in un altro senso. Ne prendo una, la stravolgo, mi invento un fatto di cui la frase sia il titolo, oppure il finale. Se vuoi, un po' come quando a scuola ci davano il tema.. I miei racconti si chiamano: 'Andava fatto', 'Dopo il segnale acustico'... e così via Non è un incipit, ma un input. Senza tirare in ballo il Maestro, nel racconto che commenti la frase è quello che dice lo speaker del telegiornale. E a quel punto è già accaduto tutto. Io devo solo andare in flash back. Ed è comunque tutta farina del mio sacco Sono d'accordo che gli incipit siano fondamentali, ma anche i finali lo sono. Comunque ho appena vinto un premio in un concorso sugli incipit, l'ho annunciato anche nel forum nel blog concorsi. Evidentemente riesco ad impadronirmi di una frase altrui per sviluppare una storia mia. Non sarà da scuola Holden, ma riesce. Un segreto agrodolce. Il racconto ha una scrittura altalenante, inizia lirico e decade immediatamente col termine:ragazzetta. Tutto il linguaggio è pieno di espressioni da fotoromanzo: vortice di pensieri, piegò il bel volto, statua di marmo, cuore di ghiaccio, per non parlare delle 'distanze corporali' . L'amo da tempo immemore suona bene in un'opera lirica, non nella bocca di un liceale. Ma che liceale è? E' inoltre troppo lungo, senza ritmo, abolirei molte parti senza senso come la stellina, il manto scuro.... Mi dispiace , ma lo trovo un ibrido mal riuscito. Se voleva essere ironico non l'ho capito. Mi spiace per l'autore, ma concordo pienamente con il commento precedente. Lo stile è banale, manieristico, di chi non è riuscito ancora a maturare un tratto del tutto personale e inconfondibile. Per non parlare poi delle frasi costruite attorno ad uno o più termini ricercati (o in disuso da secoli). Decisamente fuori luogo. La tematica, la scelta delle scene, l'intreccio. Roba troppo abusata, trita e ritrita, indegna anche per riviste di brufolosi teenager. Dovrai impegnarti un po' di più. E sforzarti di scrivere con la tua, di mano. IL LETTORE HA SEMPRE RAGIONE. Precisato questo mi sento in dovere di dover rispondere a questi meri esercizi dissacratori. Il racconto può essere anche un cattivo racconto ma sulla base di cosa? Di un "ragazzetta" di un "stellina" ecc.. insomma posso anche concordare col fatto che questo racconto possa non piacere ma quale è la motivazione di fondo e totale? forse il fatto che un liceale così come io l'ho descritto non possa esistere perchè usa un linguaggio troppo forbito o a tratti troppo smielato? ebbene è più corretto dire non usa, o meglio ancora non può usare, proprio per la ragione che hai espresso tu scrivendo: ma che razza di liceale è? vedi è un liceale come io lo sono stato fino a poco tempo fa. Credo sia molto più trita ritrita e abusata l'idea del liceale mi scazza mi spalla, a bella ecc.. insomma creder che un liceale possa esprimersi solo a bisillabi. Sottolineando ancora, forse per aiutarti in una maggior comprensione del testo, che quei virgolettati restano silenti e quindi il liceale che dici tu sa di non poterli "recitare" nel contesto. chissà forse il racconto ruota tutto intorno a questo! Ruota tutto intorno alla paura di manifestarsi per ciò che si è realmente, uscendo da quegli schemi a te tanto cari che fanno di un liceale solo un mezzo ignorante, che si esprime alla meno peggio e che non sa dare un nome ai suoi sentimenti. infine per quanto riguarda le distanze corporali accompagnate da risatina ebete e da te virgolettate è un espressione che io non ho usato, perché corporale mi ricorda di più le funzioni corporali e in particolar modo la merda che si adatta molto di più al tuo commento. d'altronde devo dire che le tue capacità critiche non sono granchè visto che usi il termine lirico per un racconto che è scritto in modo semplicissimo. il pecorone che ti viene dietro col commento successivo, perchè probabilmente non ha una sua capacità critica, ritiene addirittura che i termini siano ricercati. allora io consiglio ad entrambi di leggere qualche pagina di D'annunzio, ad esempio del romanzo "il Fuoco" o simili e forse così scoprirete cosa vuol dire lirismo. i commenti sensati li accetto le stronzate francamente no o credi che l'esser doxa e non alétheia ti consenta di poter dire qualsiasi cosa? e bisognerebbe aggiungere che l'autore vuol sempre aver ragione lui. Io non discuto che tu possa essere stato un liceale forbito. La mia critica era rivolta al testo e non all'autore: niente di personale. Quanto a D'Annunzio, e si scrive con la A maiuscola, non farei paragoni. Diventa invece personale definire pecorone chi condivide il mio parere e stronzate quello che dico. Ma è senz'altro un linguaggio più moderno. Sulla lirica probabilmente hai frainteso: io mi riferivo ai libretti d'opera. Le distanze corporali le hai scritte e come: a pag. 3. Ho scelto di chiamarmi doxa perchè è la forma greca del mio nome: Gloria. Reminiscenze del liceo tirate fuori solo perchè Gloria sul sito era un nick già occupato. Peccato vedere che i commenti arrivino ad assumere questi toni...sinceramente caro Malatesta secondo me hai un pò esagerato...ma vabè, non sta a me sentenziare! Quindi passo al testo che presenta sia punti positivi sia debolezze che secondo me potrebbero essere migliorate. Per esempio, a me aveva ben incuriosito il motivo del dolore di lei, hai creato molto bene un senso di anticipazione...leggevo leggevo curiosa di sapere cosa le fosse mai successo a questa ragazza e poi la delusione, non ho capito se davvero le sia morto il gatto e ti assicuro, per quanto io adori gli animali e ho vissuto la più buia disperazione per la perdita di uno, mi ha lasciato un pò con l'amaro in bocca, non so bene il perchè, ma continuo a chiedermi se sia davvero così, forse ho interpretato male. Belle le riflessioni che lui fa tra se e se, senza mai il coraggio di esprimerle. A parer mio però ripeti troppe volte questa suo sentirsi codardo e ciò rallenta un pò la lettura. Per il resto mi hai riportato un pò ai tempi delle superiori quando l'innamoramento sembrava davvero una questione di vita o di morte e assorbiva tutte le nostre energie...non che poi crescendo cambi molto, ma un pò si! Di certo è vero che anche un quindicenne innamorato può dar vita a pensieri ed espressioni che forse non ci si aspetta da lui vista la giovane età...assurdo no? Ma va bene così, in questo modo il ragazzo incompreso sfogherà la sua frustrazione attraverso la scrittura. Spero di non aver suscitato la tua ira, eventualmente accetterò i tuoi insulti! Da una parte è bello vedere come difendi la tua scrittura, attento però alle cadute di stile. prima il dovere e poi il piacere. comincio con doxa: è vero ho scritto distanze corporali. come vedi non voglio avere sempre ragione. MA ogni parola fa parte di una frase ed ogni frase fa parte d'un periodo e ogni periodo è inserito in una sequenza la quale insieme alle altre compone il racconto. questo può esserti utile ogni volta che ti ritrovi a leggere qualcosa così magari piuttosto di sindacare subito sul modo in cui è scritta ti fermi anche un po' sul contenuto. questo per dire che distanza corporali là dove è scritto ha un senso anche ironico se vuoi perchè lei s'era chiusa in bagno ed era per lui inaccessibile. a parte questo come si può giudicare uno stile e giudicare una struttura narrativa senza dare una propria interpretazione circa il significato unitario del brano? comunque puoi dire ciò che più ti piace, contenta tu...per quanto rigurda d'annunzio più di una maestrina frustrata avrei bisogno di qualcuno che mi schiaccia il maiuscolo...grazie. Travel hai ragione a dire che ho esagerato, ma non ne hai se nutri il timore di aver causato la mia ira col tuo commento. il tuo almeno si ferma sul significato. dal tuo capisco che il racconto è stato letto con un minimo d'attenzione. andando nel merito certamente il racconto avrà delle lacune, forse non è neanche granchè, ma fin quando qui non scrivono i vari baricco ammaniti, veronesi, niffoi ecc... credo che si possa accettare anche questo mio inverecondo insieme a tanti altri. per quanto riguarda quel "ti è morto il gatto" è un modo di dire (almeno dalle mie parti) per quando una persona ha il broncio apparentemente senza alcun motivo. in realtà il morto c'è ma non è un gatto ed è per questo che quel tentativo di consolazione risulta goffo e a dir poco scortese, almeno è questo quello che intendevo mettere in scena, (anche se non è il significato principale del racconto) e se non ci sono riuscito pazienza andrò al patibolo come vuole doxa e closure col quale mi scuso sempre che i due non siano la stessa persona. Infatti immaginavo non fosse un felino la causa...è che quel "ti è morto il gatto" trae un pò in inganno. Ti spiego, è un'espressione comune penso in tutta Italia quello lo avevo capito, però il fatto che lei dica alla sua amica "non lo sapeva" etc..ti fa proprio venire il dubbio, non le sarà mica morto davvero il gatto? Ripeto, è solo un dubbio, però in fondo non si capisce il motivo del dolore, non si capisce che lei sta male per la morte di qualcuno. Secondo me sarebbe più chiaro ed efficace invece dell'espressione ti è morto il gatto qualcosa del tipo "Che cos'hai? E' morto qualcuno per caso?!", nella stessa forma "sdrammatizzante" che utilizza lui infelicemente viste le conseguenze. Oppure un'altra espressione che faccia sempre capire che lei sta male perchè è morto qualcuno, del tipo "dai non piangere che sarà mai, non è mica morto nessuno...". Spero ti sia utile il consiglio. Io non ho voglia di polemizzare, non serve, non aiuta. Sventolando un ramoscello d'ulivo, conscia che alla mia età tendo a bacchettare, ti confermo che lo stile del racconto non mi aveva fatto sognare, e forse l'ho detto in maniera troppo diretta.E, senza voler infierire, concordo col fatto che non è chiaro il presunto lutto dell'eroina. Anche dalle mie parti si dice: "Ti è morto il gatto?"Ai miei tempi si chiedeva ai bambini che avevano le unghie sporche: listate a lutto. Ma questa è un'altra storia...che spero ti faccia sorridere. Perchè non provi a modificare un po' il tuo testo alla luce dei commenti ricevuti? Il forum serve a questo. una buona forma, una scrittura scorrevole e senza molti fronzoli, ma il contenuto è qualcosa che già ho sentito o visto o letto altre volte. impegnati ch si può fare molto di più. Da una parte provo una certa emozione nel ripensare ai tempi in cui ero un pelo simile al liceale del racconto, con l'amore idealizzato in testa e quel soffrire quasi piacevole nello stomaco. Poi però c'è l'altra parte, che è quella del ragazzotto che quei tempi li vede ben lontani (porca miseria, quasi dieci anni fa... sob)e indi cui non resce più a rapportarsi con quel tipo di emotività, perchè detto fra noi, le donne diventano una gran rottura di p... QUEST'ULTIMA FRASE NON E' STATA MAI SCRITTA, CI SCUSIAMO PER L'INCONVENIENTE. Dicevo che non potendomi più rapportare a quelle sensazioni, del racconto mi rimane poco e niente. Si, riesco ancora a sentire l'eco dell'amore (o della rabbia) che in quell'età si tende ad estremizzare, ma la sensazione è troppo diluita. Per quanto riguarda la forma, a mio avviso ci sarebbero dei miglioramenti che potresti apportare: ad esmpio tagliuzzare dei concetti che risultano rindondanti, magari alleggerendo un pò il corpo del testo, poi evitare qualche ripetizione di troppo che ho notato soprattutto nelle prime due pagine. Ed infine, spiegare perchè la ragazza era così affezzionata a 'sto gatto (scherzo). La guerra di Intellettuale. Fantastico, troppo divertente. Già a metà strada m'era venuto in mente De Andrè, col Bombarolo: "Intellettuali d'oggi, idioti di domani...". Complimenti. Grazie mille. Ero curioso di leggere un commento su questo mio testo in quanto io non lo trovo assolutamento perfetto(specialmente l'esposizione, il "lato estetico", via), ma ci sono particolarmente affezionato per via del "contenuto"; il che in effetti fa un po' "Intellettuale Combattente" a prima vista, ma è tutt'altro, lo assicuro. Grazie ancora e saluti. Caro mio, la perfezione ce la possiamo permettere solo io ed il mio amico signor Gesù. A parte gli scherzi, mi sono reso conto che ho lasciato un commento non accettabile. Riapartiamo: sai che il tuo stile è davvero arrogante? Molto ricco, eppure piuttosto veloce, ma se non fossi stato dell'umore giusto, probabilmente mi avrebbe infastidito. Sai che sei bravo e te ne approfitti, ma non tutti i lettori apprezzano gli scritti che nemmeno provano a fingere un pò di modestia, eh eh. Il fanta-bollettino di guerra alla Verhoven è estremamente calzante e come ho già scritto, mi ha propio divertito ed ho adorato la carne di porco che hai fatto a destra e a manca, certo che hai colpito forte, ah, se era forte. Unica cosa, non è che tu fornisca molti dettagli di questi "impuri", li getti nella mischia forse un po troppo frettolosamente. Avrei gradito qualche informazione in più. E forse il finale si dilata un tantino, soprattutto visto l'attenzione che il tuo stile richiede al lettore. Non credo poi di poter insegnarle nulla, Mr. Chaoz. La Fabbrica dei Ricordi. Allora, innanzitutto ti dico che mi piace l'idea base, anche se ci sono delle contraddizioni interne, che penso siano da rivedere (come fa qualcuno che non ricorda niente di niente a citare un libro, un film, una frase? come fa a dire "ogni tanto ci penso"? non dovrebbe ricordarsene!). Trovo che l'uso della punteggiatura non sia sempre corretto/efficace. Il finale mi lascia interdetta: non l'ho trovato immediatamente godibile... (forse perchè sono un pò di coccio e non l'ho capito!), però poi ci ho ripensato e se il senso che volevi dare alla chiusa finale è che ormai ci stiamo tutti robotizzando/lobotomizzando allora perchè hai "stravolto" la mia lettura/impressione e l'hai arricchita. Ti consiglio di rivedere la punteggiatura e di ovviare alle contraddizioni logiche interne al testo e poi... di lasciarlo andare a qualche concorso...Hai visto mai che incontra qualche bel premio!!! Grazie per il commento. Lo rileggerò con attenzione e seguirò i tuoi consigli. Se mai parteciperò a qualche concorso te lo farò sapere. Ricordo non ricordo questo lo ricordo ricordo ricordo ricordo ricordo non so se ho contato bene, ma nella tua breve pagine il verbo ricordare compare 23 volte. un po' eccessivo? ridondante? superfluo? cos'è questa fabbrica dei ricordi? una specie di Matrix in cui impiantano la sensazione di una vita? una cura contro l'oblio senile? solo un nome che suonava bene? a parte il fatto che una che non ricorda niente non parlerebbe così, non lo troverebbe buffo ma si sentirebbe spaesata ( sopratutto non farebbe nessuna citazione ) se volevi parlare del tempo di come cancella i ricordi e con essa la vita, potevi scrivere un trattato pseudo filosofico, sarebbe di certo venuto meglio. Ciao Senza, non riesco a capire cosa ti ha dato così fastidio. Sono una persona che le critiche le ascolta e che cerca di migliorarsi, ma nel tuo commento altre alle "critiche" (l'ho ripetuto apposta) ho avvertito un tono innervosito e infastidito, quindi mi chiedo cosa ti ha urtato da renderti così acido/a? Ci proverò nel trasformare il mio racconto in un trattato ...come lo hai definito?... pseudo filosofico? probabilmente, sempre come dici tu, mi verrebbe meglio e chissà mai che tu non possa trovarlo l'ottavo dei pilastri della saggezza (e qui ho fatto anche una citazione, anche se gli originali sono sette). Comunque grazie...terrò conto dei tuoi suggerimenti, ma è difficile togliere la vecchia abitudine dell'essere ridondante e ripetitiva, ci proverò così non ti farò più innervosire. Posso solo aggiungere che per fortuna non siamo obbligati a leggere quello che non ci piace. Spero tu non te la prenda per la mia risposta. Non ho contestato la critica - ben venga soprattutto se costruttiva - ma la modalità e la gratuità del commento sul trattato pseudo filosifico... il mio commento non era acido ma serio. ed ero serissima quando dicevo che a farne un trattato pseudo ( pseudo perchè non credo che non molti di ozoz possano ritenere di far Filosofia ) filosofico ci avrebbe guadagnato. Non capisco davvero come si possa criticare un racconto di così bella fattura. Certo, vista la brevità del racconto, non si può certo definire una prova di scrittura. Ma da quello che si intravede in queste righe hai davvero grandi motivi per continuare a scrivere. Brava. Complimenti vivissimi. Non è male, ma credo ci siano alcune cose che rendono "disarmonica" la lettura. La citazione sul finale per esempio, mi lascia perplesso visto che è fatta da una persona che "non ricorda"; anche se, a mio avviso, possa essere anche considerata una licenza narrativa ma va smussata, non so se mi spiego. Messa giù cosi, stona un po' troppo. la chiosa poi, credo che sia troppo brusca; difficilmente apprezzabile dal punto di vista estetico. Infine, io credo che un due-tre concetti chiave andassero sviluppati maggiormente; del paragrafo il cui inizio consta di "Ricordo poco", mi sarebbe piaciuto leggere di più. Quest'ultima critica è squisitamente personale, lo capisco, ma credo che il paragrafo di cui parlo sarebbe potuto essere emblematico dell'idea alla base del testo stesso se sviluppato maggiormente, tutto questo, sempre se ho colto il vero spirito del racconto. Un saluto. Vorrei solo dire che ho trovato il racconto molto buono sin dalla frase iniziale. Mi piace come si sviluppa, il personaggio che si intuisce nella sua nebulosità e a cui si indirizza l'immediata curiosità del lettore. Mi piace anche la sua brevità, l'atmosfera rarefatta e la chiusa volutamente 'fantascientifica', vagamente inquietante: la possibilità di venire manipolati, di avere persino ricordi non nostri, indotti. Una descrizione di una terza età possibile in un mondo tecnologico e futuro in cui anche le memorie potrebbero venire standardizzate. lo spaesamento iniziale a me non dispiace per niente. E non sento ripetizioni. Infatti, se colui che parla si sentisse come l'autore vuol farci capire che si sente, non farebbe che ripetersi. Con balbettii e puntini di sospensione, anche, come chi ha smarrito ogni punto di riferimento. Soggiace al testo la paura che è di ogni individuo, di esistere senza lasciare traccia di sé. In questo senso credo che l'autore godrebbe il recente Ultima chiamata di Céline Curiol. Ancora con i buchi. Il racconto anche se privo di particolari espedienti musicali si lascia leggere con molta facilità. L'incipit è molto interessante e sinceramente fa venire voglia di sapere quel "tu non vieni?" a cosa si riferisce. Interessante anche il dare dell'antipatico ad un maniglione di una porta. Poi c'è uno stacco che catapulta il lettore dal presente ad un passato, ma questo avviene in modo eccessivamente netto che inizialmente rende difficile capire cosa sia quella vetrina, dato che fino a poche righe sopra si parlava di un ambiente dove le vetrine non sembravano esistere. aggiusterei questo pezzo per rendere il flashback della protagonista più lineare. La fase di ritorno dal passato al presente è anche qui netta, ma con una differenza fondamentale: la chiusura del flashback con la frase "Fu la prima e l’ultima volta che andai a casa sua" aiuta notevolmente il lettore a comprendere lo sbalzo temporale. La protagonista è sinceramente un personaggio che viene subito in simpatia ed è molto facile comprendere il suo disagio in una società dove l'apparenza è tutto. eppure quella ragazza dopo aver sopportato sul collo questo malessere, è riuscita nella difficile impresa di vincerlo, già vincerlo con l'ironia. Ironia evidente già quando osservava la compagna di classe figa e il suo rossore sulla faccia, ma molto più palese e maturo nella risposta data al cliente cinese. Un racconto che mi piaciuto leggere. bravo/a. Che vuoi che sia la buccia quando il frutto dentro è pregiatissimo come hai mostrato che è? Un saluto di estrema simpatia che è ancora poco per voler essere, come vuole, un omaggio alle tue capacità singolarmente speciali. Io ho avuto difficoltà a capire l'inizio, come ti hanno già fatto notare rivedrei la descrizione iniziale per far si che sia più chiaro. Complimenti vivissimi per l'ironia direi malinconica che ha accompagnato tutto il testo, personalmente apprezzo questo tuo modo di scrivere tantissimo anche se forse in alcuni tratti rischi un pò l'autocommiserazione. Comunque, a parte qualche piccolo errore di battitura di cui ti sarai sicuramente accorta, e qualche sbavatura (es. è preferibile fare un abbonamento), sciocchezzuole da poco insomma, brava e ancora brava! Racconto interessante, molto attuale e che dovrebbe far riflettere. Una cosa mi affascina e mi incuriosice, la protagonista è felice? A rileggerti presto spero. Un racconto davvero bellissimo e originale, come non ne leggevo da tempo. Sono affascinato dal tuo modo di scrivere, che invidio e vorrei possedere. Malinconia e ironia si mescolano all'improvviso e, al tempo stesso, si confondono. Bravissimo, ti faccio i miei complimenti. Non mi meraviglierei se tra qualche tempo trovassi un tuo libro pubblicato da qualche importante casa editrice. Ciao, e complimenti ancora. Ma siamo cresciute insieme per caso? Mi sono sentimentalmente ritrovata in molti passaggi, in molte situazioni e sensazioni, soprattutto quella sempre latente e persistente di inadeguatezza. poi ho ritrovato la voglia di togliersi di impaccio con espedienti ingenui (tipo le pattine) e la difficoltà anche a esprimere i desideri... le ingenuità nello scegliere qualcosa per essere come altri e la costatazione del misero fallimento. La consolazione data dalla sicurezza della propria intelligenza e la presa di coscienza del fatto che non basta... almeno in questo mondo coi buchi... Mi è piaciuto il finale. per la leggerezza, l'ironia, la maturazione che s'avverte... Però mi lascia perplessa la forma. io ci lavorerei ancora su, secondo me questo racconto può "sbocciare", perchè si sente bene la sfumatura malinconica ( quasi per niente rabbia), ma forse troppo poco l'ironia e il distacco dello sguardo di chi guarda da lontano, da una condizione (un pò) diversa. attenzione a: Si fermò (ti è sfuggito l'accento!) a (rileggerti) presto.. magari qundo ripassi da Piazza Bologna! Sì, è vero che l'inizio è un pò macchinoso...ma non condiziona in alcun modo il racconto. Quello che hai scritto è carico. Carico di emozioni, di suggestioni, carico di ricordi che appartengono all'immaginario comune. E' questo che a mio parere rende il testo speciale, come speciale è l'atmosfera che lo avvolge. La tua auto ironia ha quel retrogusto malinconico che lascia indeciso il lettore...che quasi non sa se sorridere o commuoversi...e questo è bellissimo. Complimenti davvero. Mi allineo ai commenti che hai già ricevuto. Mi chiedo inoltre i ruoli che Paolo ed Eleonora hanno nella storia, soprattutto perché loro hanno un nome quando tutti gli altri personaggi non ce l'hanno. semplicemento perfetto nella forma, uno stile impeccabile e scorrevole come uno scroscio d'acqua di rubinetto. con questo racconto ho fatto un tuffo nel passato rivivendo emozioni che solo chi ha avuto genitori onesti, che fanno i salti mortali da una vita per arrivare allafine del mese, può capire. poacher, sei una grande Tutta la parte centrale, quella del vestiario, e di come lo portavi, è stupenda. Io mi fermerei a questa, togliendo l'incipit ( comincerei da: Davanti alla vetrina del negozio, etc, evitando il cambio di tempo verbale) e l'explicit ( cioè concluderei con: Fu la prima e l'ultima volta che andai a casa sua). Si può volare. Ciao Alessandro. È, per me, uno strano racconto che non chiude il cerchio che ha deciso di aprire, ritornando su se stesso, ma si allontana in una dimensione slegata dalla normalità quotidiana del padre protagonista, influenzandola con un misterioso legame che lo induce a una umanità quasi dimenticata. È come se s'intuisse il bisogno d'infanzia, forse in te che scrivi, che consiglia di considerare l'infanzia dimenticata. Non mi piace troppo il dilungarsi nel catalogare elementi, ma capisco che sia parte del tuo stile incalzante che segue l'emozione d'urgenza del personaggio principale della storia. Infine, ma non è per moltissimi altri un difetto, non mi piacciono le troppe descrizioni nel raccontare anche se, essendo un appassionato della botanica, amo condividere la conoscenza della vegetazione che prepara alla relazione intima col mondo dell'intelligenza diretta, che sa riconoscere la luce senza possedere occhi. Questo racconto mi è piaciuto davvero moltissimo, si, moltissimo. Che dirti, la tua scrittura sa conquistare, sei padrone del mezzo, per così dire. Un po' ti invidio, a me piacerebbe scrivere così. Bravo, bravo davvero. Ciao. Ciao Alessandro, devo dirti che in complesso giudico il racconto positivo anche se ci sono delle parti da migliorare. Anche secondo me ci sono dei punti dove l'abbondanza di particolari rende difficile lo scorrere della lettura, però devo dire che mi sono piaciute le sensazioni che trasmetti. Le ultime tre righe mi piacciono molto e sono convinto che con queste riesci a riscattare i punti difficili da leggere di cui parlavo prima e mi piace pensare quanto Robertina possa essere contenta in quel momento. ciao!!!! sono d'accordo sui punti prolissi, neanche a me piace molto leggerli... però mi piace tanto scriverli, che ci posso fare? grazie a tutti per aver letto, commentato e gradito. il racconto è molto ben scritto. La tematica della ricerca del tempo perduto ha una forte presa. Peccato che, secondo me, si diluisca in troppi particolari e percorsi che tentano l'occhio a saltare alla riga successiva. Perde un po' di ritmo: tutto qui. La parte finale , nella soluzione, stacca forse affrettatamente dal tono lento ed elegiaco precedente. sì, come già detto mi sono divertito a "viaggiare"... sulla fine, credo invece che l'accelerazione improvvisa dia una svolta decisiva e conclusiva al racconto (ma che faccio? mi commento da solo?)